Se non ci riguardasse, la successione di eventi della politica cantonale potrebbe ogni tanto suscitare un sorriso nonostante il senso tragico
Nemmeno Samuel Beckett avrebbe potuto scriverla meglio questa rappresentazione ticinese del teatro dell’assurdo: avanti, prego, siamo tutti i benvenuti.
La Vpod lancia un’iniziativa popolare per abrogare lo scellerato decreto legislativo pareggia-conti superato dagli eventi e che sarebbe giunto a breve a morte naturale dopo aver dimostrato la sua totale indecenza; il padre di tale decreto raccoglie l’assist per rilanciare la miope idea di costringere lo Stato a raggiungere il pareggio di bilancio entro un termine X, e addirittura di farlo agendo solo sulla spesa; le corporazioni economiche esigono dalla politica rigore finanziario, sgravi fiscali e una visione lungimirante in materia di investimenti (en passant si prenda nota dell’apertura dell’assemblea dell’Aiti con il presidente, Oliviero Pesenti, che nel suo intervento cita Oppenheimer: “Confesso di sentirmi le mani sporche di sangue”); i conti del Cantone che chiudono il 2023 a -120 milioni, migliorando la previsione – ormai è consuetudine – di quasi 100 milioni, senza misure strutturali e senza utili della Banca nazionale (il Preventivo approvato dal parlamento diceva -80 ma includeva i 137 milioni della Bns che tutti sapevano non sarebbero arrivati); il direttore del Dfe Christian Vitta lancia l’ennesimo e inutile appello alla razionalità dei partiti per il bene del Paese, mentre si lamenta dei “margini sempre più stretti” per ritrovare l’equilibrio nei conti pubblici, senza peraltro riuscire a concepire una qualche traccia di vera politica di sviluppo integrato per il nostro cantone, e promuovendo nel frattempo un’ulteriore riforma fiscale liberista che definanzia lo Stato per andare a favorire i soliti grandi Signori delle nostre terre; il partito liberale (fu radicale) del consigliere di Stato Vitta di fronte al Consuntivo mette le mani avanti e urla “non c’è più tempo da perdere” per rientrare dal deficit, dopo aver votato di recente in Gran Consiglio – durante la seduta che ha dato il via libera al Preventivo 2024 – a favore di un audit esterno sulla spesa pubblica che dia delle indicazioni scientifiche alla politica su dove/come intervenire; due professori emeriti (Greppi e Marazzi) ci offrono una lezione gratuita di economia politica che spiega come dovrebbe essere impostata una ‘spending review’ orientata allo sviluppo, ma nessuno li ascolta, nemmeno il commentatore-cassa di risonanza dei potenti di turno che inorridisce e prevede l’apocalisse di fronte a un debito pubblico che non raggiunge neanche il dieci per cento del Pil; e come se tutto questo non bastasse, domani verranno rinnovate le autorità comunali dopo una campagna in cui praticamente nessuno ha osato dire che l’impostazione della politica fiscale del Cantone è penalizzante per gli enti locali, e che con ogni probabilità le necessarie correzioni al rialzo dei moltiplicatori comunali – qualora fallisse il referendum del 9 giugno – andranno ad azzerare (nella migliore delle ipotesi) i presunti benefici dati dalla riduzione lineare delle aliquote cantonali dell’1,66 per cento (1,66 per i comuni mortali, 20 per cento per Lorsignori).
Nel teatro dell’assurdo la struttura tradizionale viene sostituita da una successione di eventi priva di logica apparente, nella quale i dialoghi, volutamente insensati, sono capaci di suscitare ogni tanto un sorriso nonostante il senso tragico del dramma che stanno vivendo i personaggi. Peccato che quei personaggi siamo tutti noi.