Una tesi borgesiana può essere azzeccata per analizzare la parabola delle finanze pubbliche del Canton Ticino
In uno dei suoi racconti che lui stesso preferisce (‘Il Sud’, dalla raccolta Finzioni), Borges scrive che la realtà adora le simmetrie. Quale fosse il rapporto simmetrico tra l’inizio della sua esistenza a Buenos Aires, verso la fine dell’Ottocento, e la sua morte a Ginevra, avvenuta 86 anni più tardi, rimane tuttavia un mistero. Fatto sta che la tesi borgesiana può essere azzeccata pure per analizzare altre parabole: per esempio quella delle finanze pubbliche ticinesi.
A voler procedere con un certo rigore, dovremmo però parlare di almeno due movimenti simmetrici dei conti pubblici: uno quasi giornaliero, che potremmo chiamare di “rotazione”; e un altro invece che va osservato nel medio-lungo termine, ciclico, di “traslazione”. Nel giro di rotazione, che va dal preventivo 2023 a -80 milioni di franchi (preventivo approvato dal parlamento nonostante i molti dubbi riguardo alla sua aderenza alla realtà) al primo preconsuntivo, il quale certifica una perdita di 224 milioni, emerge nitido e preciso il “buco” simmetrico dovuto al mancato versamento degli utili – che non ci sono stati, anzi – da parte della Banca nazionale. Ergo, c’è poco da sorprendersi: 80 milioni di deficit approvati a preventivo, in cui erano previsti i 137 milioni della Bns mai pervenuti, più qualche scostamento, ed ecco che il “rosso profondo” dei conti pubblici è subito spiegato.
Se però si presta la dovuta attenzione all’altro movimento, quello di traslazione, cioè quello che anno dopo anno dimostra come nei primi preconsuntivi l’orizzonte si presenti sempre molto cupo per poi, quasi per miracolo, ritrovare a consuntivo una situazione parecchio migliorata, diventa possibile pronosticare che il 2023, nella peggiore delle ipotesi, chiuderà da qualche parte tra -100 e -150 milioni. Vuoi per l’effetto delle prime misure di risparmio, vuoi per un’immancabile rivalutazione del gettito, questo appare oggi uno scenario piuttosto verosimile. Guardando al 2024, poi, sappiamo già che ci sarà da un lato quasi una ventina di milioni di franchi in più in arrivo dalla perequazione finanziaria intercantonale e dall’altro il probabile ritorno di almeno un paio di quote dell’utile della Bns, ovvero una quarantina di milioni. Quindi, attenzione: non che si vada a tagliare più di quel che serve. A meno che ciò non sia proprio l’intenzione…
La domanda a questo punto potrebbe essere a chi o a cosa sono funzionali queste cifre un po’ troppo catastrofiste? Ed ecco che spuntano, con le forbici in una mano (anzi, col machete) e col ditino alzato dell’altra, i guru del neoliberismo nostrano con il loro solito ritornello. Il primo della fila, come da circa trent’anni a questa parte, è chiaramente il capogruppo dell’Udc Sergio Morisoli. Il quale – neanche a farlo apposta – in un recente contributo pubblicato su laRegione afferma che “la simmetria dei sacrifici in finanza pubblica non esiste”. E avrebbe pure ragione. Peccato però che poi confonda mele con pere e giunga a una conclusione completamente distorta, secondo la quale “sono sempre gli stessi cittadini, sia a pagare più imposte che a subire i tagli”. Il rimedio morisoliano? L’ammuffita narrazione degli anni 80: giù le tasse, meno Stato, pareggio di bilancio e si salvi chi può (ossia, sempre gli stessi).
A onor del vero la frase completa di Borges dice che la realtà adora le simmetrie… e i lievi anacronismi. Questi ultimi, però, forse è giunta l’ora di scrollarceli di dosso.