Dadò e Aldi: il governo riconosce la necessità di un cambiamento ma il suo controprogetto politicizzerebbe di più il Controllo cantonale delle finanze
«Fa senz’altro piacere apprendere che il Consiglio di Stato voglia intervenire, presentando un controprogetto alla nostra iniziativa, per migliorare la situazione, segno che anche l’Esecutivo intravede la necessità di un cambiamento. Tuttavia – aggiunge il deputato del Centro Fiorenzo Dadò – ciò che noi chiediamo è l’istituzione di un’autorità, la Corte dei conti, completamente indipendente, sganciata dall’Amministrazione e soprattutto dal potere politico. Ora, tornando ai contenuti del controprogetto, la proposta del governo di mantenere il Controllo cantonale delle finanze e di dar vita a un “Comitato di riferimento del Ccf”, composto di sei membri, tre designati dal Consiglio di Stato e tre dalla Commissione della gestione del Gran Consiglio, finirebbe, se accolta, per politicizzare ulteriormente lo stesso Ccf». Rilancia la leghista Sabrina Aldi: «L’azione di una Corte dei conti, di un’autorità che opera al di fuori dei palazzi della politica, formata da magistrati e periti, sarebbe sicuramente più incisiva rispetto a quella di un organo comunque interno all’Amministrazione, quale è il Ccf, il Controllo cantonale delle finanze. Oltre che di verificare i conti pubblici, spesa compresa, per renderla più efficace ed efficiente, la magistratura contabile potrebbe occuparsi per esempio anche degli audit che il parlamento assegna oggi a specialisti esterni al Cantone, con mandati che hanno un costo, non irrilevante, per migliorare il funzionamento dell’Amministrazione».
I due deputati non demordono. Il Consiglio di Stato, come anticipato ieri da ‘laRegione’, si oppone, nuovamente, all’introduzione in Ticino di una Corte dei conti, ritenendola non opportuna, non necessaria e non da ultimo considerandola costosa. E dice pertanto no all’iniziativa parlamentare con cui Dadò e Aldi suggeriscono l’istituzione anche in Ticino di una magistratura contabile. Nel contempo però il governo sottopone all’approvazione del parlamento un controprogetto per “conferire maggiore autonomia” al Controllo cantonale delle finanze. Come? Attribuendolo amministrativamente non più al direttore del Dipartimento istituzioni, bensì a un “Comitato di riferimento del Ccf”. Sei i componenti. Tre designati dall’Esecutivo e altrettanti dalla ‘Gestione e finanze’ del Gran Consiglio. Ma Dadò e Aldi ribadiscono la loro richiesta: «L’obiettivo della nostra proposta è duplice: massima trasparenza e massima indipendenza nel controllo delle finanze pubbliche – riprende Dadò –. Mi sembra, di primo acchito, che il controprogetto formulato dal Consiglio di Stato vada invece in un’altra direzione».
Nel motivare il proprio niet alla creazione di una Corte dei conti, il governo, come detto, considera l’operazione anche costosa: “L’attività di una Corte dei conti – annota l’Esecutivo nel rapporto sull’iniziativa di Aldi e Dadò – composta da tre-cinque magistrati, un segretariato e sei-dieci periti, comporterebbe oneri nell’ordine di alcuni milioni di franchi senza nessuna garanzia di un ritorno finanziario equivalente”. E rileva: “Le richieste del parlamento di rientro finanziario e il riesame dei compiti chiesti al governo e le manovre di rientro finanziario poste in essere dal Consiglio di Stato sono la dimostrazione che i tempi non sono per nulla maturi per appesantire ulteriormente l’apparato amministrativo con nuovi servizi o entità, la cui efficacia è ancora tutta da dimostrare”. Osserva Dadò: «Primo, la nostra iniziativa chiede fra l’altro di inserire nella nuova autorità le persone attualmente attive nel Controllo cantonale delle finanze, proprio per evitare doppioni e quindi costi inutili. Secondo – rincara il granconsigliere e presidente del Centro –, fa sorridere il fatto che si venga a parlare di oneri finanziari difficilmente sostenibili, quando lo stesso Consiglio di Stato chiede per l’acquisizione e la sistemazione di stabili da destinare alle magistrature esistenti duecentocinquanta milioni di franchi, con un onere annuo di circa venti milioni… E non per questo i processi saranno più celeri». Il riferimento è all’acquisto dell’edificio Efg a Lugano e alla ristrutturazione del vicino Palazzo di giustizia. «Con la nostra iniziativa sollecitiamo attraverso l’istituzione di una Corte dei conti un netto miglioramento nel controllo pubblico dei conti dello Stato e dunque del suo funzionamento. Sarebbe – evidenzia Dadò – un vero valore aggiunto».
Per il deputato liberale radicale Matteo Quadranti «il Controllo cantonale delle finanze è già sufficientemente autonomo. Tuttavia, se può servire a conferirgli un’indipendenza ancora maggiore, ben venga andare nella direzione proposta dal Consiglio di Stato con il controprogetto. Visto il delicato compito che deve assolvere, una più ampia autonomia è sicuramente qualcosa di positivo». Il granconsigliere del Plr, per contro, non ritiene opportuna l’istituzione di una Corte dei conti. «Credo che la nostra disciplina finanziaria dal profilo legale sia già sufficientemente regolamentata. Sta alla politica riuscire a trovare il modo di far rispettare quelli che sono i principi che ci si è dati di disciplinamento della spesa pubblica nell’Amministrazione cantonale», afferma Quadranti, secondo il quale la Corte dei conti «sarebbe una sorta di scarico di responsabilità per far dire agli altri quello che come politici magari non vogliamo dire. Un atteggiamento che peraltro si inserisce nella tendenza di chiedere sempre più perizie per non doversi assumere l’onere di certe scelte». La proposta di istituire una Corte dei conti, ribatte Dadò, «si inserisce perfettamente nella riforma dell’Amministrazione che chiede anche il Plr».
Dal canto suo il capogruppo democentrista Sergio Morisoli ha un’idea molto precisa: «Assolutamente no alla Corte dei conti perché non rientra nel sistema di funzionamento del nostro Paese. Non ci serve un tribunale dei conti perché siamo organizzati in maniera nettamente diversa rispetto a nazioni in cui esiste, come l’Italia». Per Morisoli «non è affatto necessario inventare altri enti inconcludenti, che soprattutto – ribadisce – non hanno una storicità e una ragione d’essere nel nostro ordinamento federale e cantonale. Questo inoltre aprirebbe fronti inutili di discussione. Il problema è che quando la politica non sa cosa decidere, spera di poter trovare qualcun altro che lo faccia al suo posto». Quanto ai costi prospettati per istituire una Corte dei conti, il deputato Udc considera che siano «semplicemente folli, per arrivare alle cifre che abbiamo già oggi». Il deputato Udc, ritenendo poi che non sussistano elementi per non aver fiducia nel Controllo cantonale delle finanze – «che da decenni dimostra di funzionare bene e di non essere di parte, ma neutro e autonomo» –, è contrario anche al controprogetto: «Se proprio si desidera svincolare il Ccf da un legame dipartimentale, lo si potrebbe riportare dov’era una volta, ovvero agganciato alla Cancelleria. Ma si tratterebbe di una modifica di poco conto».
«Invece sì, caro governo! Al nostro Cantone serve proprio una Corte dei conti». L’economista Amalia Mirante, deputata al Gran Consiglio di Avanti con Ticino & Lavoro, non condivide la recente presa di posizione del governo. «Il Consiglio di Stato – scrive Mirante – ha mancato clamorosamente l’occasione di dare una risposta concreta ai bisogni legati alla gestione delle finanze pubbliche. Ma cos’è una Corte dei conti? Semplice: è un ente esterno, indipendente dall’autorità politica, che controlla l’uso del denaro pubblico. Guardando a quelle esistenti – prosegue la granconsigliera – scopriamo che in effetti valutano se l’operato dello Stato rispetta i principi di economicità, efficacia, efficienza e sostenibilità della spesa pubblica. Il tutto, ovviamente, nel rispetto delle leggi».
Insomma, rileva Mirante, «la Corte dei conti fa ciò che tutti voi fate già in casa vostra: verifica che spendiamo i nostri soldi in modo utile e assennato, evitando sprechi e spese inutili. Il suo ruolo è una garanzia di fiducia del lavoro dello Stato. Certo è comprensibile che uno sguardo esterno sul proprio operato possa non piacere a chi fa politica. Ma se si vuole veramente migliorare l’attività dello Stato, e non semplicemente rivendicare il diritto di ‘spendere liberamente’, allora il ruolo della Corte dei conti è fondamentale e utile, anche alla politica». L’ente pubblico, scrive ancora l’economista, «assume oggi migliaia di compiti e spende 4,3 miliardi di franchi. Ognuno di quei franchi viene dal contribuente».
«La Corte dei conti può migliorare enormemente l’azione dello Stato – sottolinea Mirante –. Può guardare tutto l’insieme della spesa e trovare doppioni nell’Amministrazione, errori nell’applicazione delle leggi, discriminazioni nell’erogazione di sussidi, misure inefficaci ecc. E, soprattutto, può dare importanti indicazioni e consigli pratici e concreti per utilizzare al meglio le risorse pubbliche».
Quanto all’impatto finanziario, Mirante osserva: «Ma la Corte costerebbe molti soldi? Quella del Canton Ginevra, più numerosa rispetto a quella che servirebbe in Ticino e che conta quasi 22 posti di lavoro, costa meno di 6 milioni di franchi. E solo nel 2022 ha suggerito misure di risparmio per quasi 41 milioni di franchi. Se applicate, la Corte farebbe risparmiare al cittadino ginevrino ben 35 milioni di franchi! L’unica possibilità per cui una Corte dei conti non faccia guadagnare soldi è se la politica ne facesse uno strumento al proprio servizio. Per questo nel comporla non bisognerà seguire il ‘manuale Cencelli’ della spartizione partitocratica ma scegliere persone competenti, capaci e indipendenti. Questo è, duole dirlo, esattamente il contrario di quanto propone, invece e purtroppo, il Consiglio di Stato che – annota la granconsigliera riferendosi al controprogetto proposto dal governo – suggerisce un organo di controllo di nuovo sottomesso alla politica. Di nuovo il controllore finisce in mano al controllato. Come potrebbe funzionare? La Corte dei conti è uno strumento valido, già sperimentato in molti Paesi e anche in Svizzera. Se non si fa è perché non si vuole fare».
«Se si vuole rendere più indipendente il Controllo cantonale delle finanze ma poi lo si mette sotto un Comitato formato da politici, francamente vedo non un miglioramento, bensì un peggioramento della situazione attuale – commenta il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch –. Resto dell’idea che il Ccf, se vogliamo garantirne l’indipendenza, debba essere amministrativamente attribuito alla Cancelleria dello Stato, che non è un organo politico e non avrebbe alcuna influenza sul Controllo cantonale delle finanze. Quest’ultimo andrebbe inoltre potenziato: a economisti ed esperti contabili bisognerebbe cioè affiancare dei giuristi, delle persone che siano in grado di valutare anche la corretta applicazione delle leggi. Senza dimenticare in ogni caso un aspetto fondamentale: come ha sostenuto l’ultimo direttore del Controllo federale delle finanze, esecuzione ed efficacia delle verifiche dipendono soprattutto dalla volontà di coloro che operano in seno a un organo di controllo. Così come è fondamentale che i rapporti del Ccf siano resi pubblici, come avviene per quelli del Controllo federale, perché il cittadino ha diritto, visto che sotto la lente ci sono soldi pubblici, di sapere l’oggetto delle analisi contabili e i risultati». Tiene a puntualizzare il capogruppo del Ps: «In qualunque direzione si dovesse andare in Gran Consiglio, ossia verso l’istituzione di una Corte dei conti, tema di cui dobbiamo ancora discutere nel nostro gruppo parlamentare, oppure verso la modifica delle attuali leggi, chiederemmo che la magistratura contabile o il Controllo cantonale delle finanze non si occupi solo di vagliare la spesa, ma di valutare anche la sostenibilità e l’efficacia delle riforme tributarie».