L’autocrate siriano viene riammesso nella Lega Araba da cui era stato sospeso per oltre un decennio, con l'Occidente che osserva indifferente
Toh chi si rivede, il “macellaio” Assad. L’autocrate siriano, dopo anni in cui buona parte della comunità internazionale – con l’eccezione di Russia e Iran – l’aveva messo al bando per le efferatezze compiute ai danni della popolazione del suo Paese, viene riammesso nella Lega Araba da cui era stato sospeso per oltre un decennio. Ovvero a partire da quando aveva iniziato a soffocare nel sangue il tentativo degli oppositori di dar vita, anche in Siria, a una rivolta anti-regime, sul modello della “Rivoluzione dei gelsomini” che, in Tunisia, aveva portato alla cacciata del Presidente Ben Alì. Bashar al-Assad, messo di fronte alla prospettiva che il movimento della “Primavera araba” gli facesse fare la stessa fine del despota tunisino e dell’egiziano Hosni Mubarak, ha reagito ferocemente provocando 430mila morti (stando ai dati dell’Osservatorio siriano per i diritti umani). Almeno in tre occasioni è stato accusato di aver fatto attaccare la popolazione civile con del gas Sarin.
Ebbene, chiudendo un occhio su tutto questo, come pure sui 5 milioni e mezzo di profughi causati dall’attaccamento al potere di questo vero e proprio criminale di guerra, il Principe saudita Mohammad bin Salmān, altro elemento assolutamente poco raccomandabile in quanto a rispetto dei diritti umani, ha ottenuto una parziale riabilitazione della Siria di Assad, riaccettandola nella Lega Araba, a partire dallo scorso 7 maggio. Quel che resta della Siria vien da dire, considerando che il Paese per decenni, quando al potere a Damasco c’era il padre di Bashar al-Assad (peraltro non dissimile dal figlio in quanto a brutalità), ha giocato un ruolo di primo piano negli equilibri medio-orientali. Mentre oggi altro non è se non terreno di scontro tra le altre potenze regionali, Israele e Iran in particolare. Senza dimenticare che, combattendo a fianco di Assad, si sono fatti le ossa i mercenari del Gruppo Wagner che oggi vediamo all’opera in Ucraina. Fatto sta che il prossimo 19 maggio, ottenendo – a detta di parecchi analisti – un importante successo diplomatico, Bashar al-Assad volerà in Arabia Saudita, dove si terrà un vertice della Lega Araba.
Una risoluzione delle Nazioni Unite, in vista di una normalizzazione in Siria, gli chiedeva, tra le altre cose, il riconoscimento delle opposizioni e libere elezioni. Ma dopo aver ottenuto una sorta di certificazione d’impunità, da parte del mondo arabo che conta, Assad può cestinare le intimazioni dell’Onu. Oltretutto c’è chi afferma che, con questa sorta di assoluzione, gli altri Paesi arabi si ritengono legittimati a seguirne le orme, in quanto a repressione del dissenso. Insomma, più che un partner un alibi, considerando che, ormai, gli è stato amputato buona parte del territorio e che il recente terremoto ne ha aggravato la situazione tanto che, per sopravvivere, la Siria si sta trasformando in un narco-Stato, producendo ed esportando consistenti quantità di Captagon, considerato l’anfetamina dei poveri.
Di fronte a tutto ciò rimane il rammarico per l’ignavia dell’Occidente, soprattutto degli Stati Uniti, che hanno consentito il martirio del popolo siriano senza muovere un dito, lasciando che della Siria si occupassero Putin ed Erdoğan. Chissà se trascinando Assad davanti al Tribunale dell’Aja, come fu il caso con Milošević, non avrebbero mandato un bel segnale al Cremlino.