La replica dei bolsonaristi di ciò che era accaduto con i fan duri e puri di Trump non è un caso
Che siano stati gli americani i più tempestivi nel denunciare il fallito putsch in Brasile era prevedibile. Per Joe Biden il film degli eventi dell’8 gennaio si sovrappone a quello del 6 gennaio di due anni fa. Il sostegno di Washington al presidente Lula da Silva è "incondizionato", termine ripreso e ribadito poi dalle altre capitali. Gli eventi di Praça dos Três Poderes, la piazza dei tre poteri dello Stato progettata da Oscar Niemeyer, icona della sinistra oltre che del modernismo, sono un copia-incolla di quelli che avevano sconvolto Capitol Hill. Stessa dinamica, stesso trauma nazionale.
Come al Campidoglio due anni fa, una massa di estremisti di destra ha sfondato i blocchi delle forze dell’ordine per impossessarsi delle istituzioni: il palazzo presidenziale, il Congresso, la sede del Tribunale supremo, in parte saccheggiati come mostrano i video postati in rete dagli stessi manifestanti. Come a Washington nel 2021, la cerimonia d’insediamento del nuovo presidente si era svolta lo scorso primo gennaio in assenza del presidente uscente: guarda caso Jair Bolsonaro era riparato proprio in Florida, esattamente come il suo mentore statunitense.
I danni provocati dai rivoltosi (Keystone)
Nello scorso mese di novembre, fonti giornalistiche americane avevano rivelato che Eduardo, figlio di Jair Bolsonaro, era stato ospite del residence neo-kitsch di Mar-a-Lago dove oltre a Trump aveva incontrato due big dell’internazionale sovranista nera: Steve Bannon, propagandista capo del trumpismo vittorioso nel 2016 e Jason Miller, Ceo di Gettr, il neonato social media di riferimento della destra radicale. Al giovane Eduardo avrebbero suggerito di conquistare la piazza per riprendersi il potere politico. Messaggio immediatamente attecchito tradottosi in una serie di blocchi stradali con trattori e camion (immagini che riportano inevitabilmente alla memoria il golpe cileno del 1973). Jair Bolsonaro si schermisce in modo "meschino e tardivo" (El País) attraverso un tweet in cui si limita ad affermare che se le manifestazioni pacifiche fanno parte delle regole della democrazia, non così i saccheggi e l’occupazione di stabili pubblici. Misera presa di distanza, ma nulla di sorprendente considerando che non aveva mai riconosciuto in modo chiaro la propria sconfitta.
Quanto a Inácio Lula da Silva stupisce il fatto che abbia sottovalutato i segnali premonitori: settimane di manifestazioni con un sit-in cospirazionista installatosi addirittura di fronte al quartier generale dell’esercito nella stessa capitale Brasilia. Il presidente denuncia i golpisti "nazisti, stalinisti e fascisti". Ha dalla sua la stragrande maggioranza del Paese, dei media, delle forze politiche (compreso Valdemar Costa Neto, leader del partito liberale, bolsonarista), della magistratura (con in prima fila Alexandre de Moraes, giudice della Corte suprema, bestia nera di Bolsonaro a cui aveva negato il ricorso elettorale).
Bolsonaristi con Bolsonaro sulle spalle (Keystone)
È dunque probabile che il mancato golpe indebolisca l’estrema destra, così come successo – ma solo in parte – negli Stati Uniti. Sta di fatto che malgrado l’età matura (38 anni) la democrazia del colosso latino-americano appare molto fragile. D’altronde più a nord, un’altra democrazia, ben più anziana ha dimostrato i propri limiti: ostaggio delle proprie contraddizioni, di potenti lobby, infiacchita dalla propria sicumera ma anche dalla diffusione planetaria dell’illusoria "democrazia digitale", non è ancora riuscita a rinnovarsi aprendo le porte alle insidie di un rovinoso populismo che ormai a livello globale sbanca a destra e – a volte – anche sul fronte opposto.