Dopo il caso del magnate del salmone Kiel Inge Rokke, trasferitosi a settembre nel Luganese, altri miliardari nordici potrebbero seguire i suoi passi
C’è chi racconta che il "cattivo" fisco norvegese starebbe costringendo i "poveri" super ricchi di Oslo e dintorni a lasciare il loro Paese. Il governo socialdemocratico del primo ministro Jonas Gahr Støre avrebbe osato mantenere la promessa fatta durante la campagna elettorale: tassare di più i grandi patrimoni per finanziare lo Stato sociale. Certe sue misure, come l’aumento dell’imposta sulla sostanza e di quella sui dividendi, starebbero dunque spingendo i facoltosi scandinavi a cercare nuovi lidi. Così, un buon numero di questi miliardari "in fuga" avrebbe rivolto lo sguardo alla Svizzera: standard di vita elevato e una fiscalità benevola sarebbero le chiavi dell’attrattività elvetica, Ticino compreso. Dopo il caso del magnate del salmone Kiel Inge Rokke, trasferitosi a settembre nel Luganese, altri ricchi e ricchissimi potrebbero seguire i suoi passi.
Un dato non meno importante è che per personaggi di questo calibro il nostro cantone prevede uno status fiscale particolare: quello del globalista. Ovvero, persone che vengono tassate non sulla base delle loro entrate bensì sul dispendio. Attualmente sono 900 i facoltosi che beneficiano di questo regime speciale in Ticino, per un gettito complessivo di 158 milioni di franchi annui. È dunque innegabile l’importanza per le finanze cantonali e comunali di questi contribuenti. Ma non è tutto oro quel che luccica...
Questa piccola ‘fiaba norvegese’, cioè la narrazione che viene costruita in Ticino in merito a una simile vicenda, offre una serie di spunti per una riflessione un po’ più approfondita. Il tentativo sembra essere quello di fare passare l’immagine di uno Stato un po’ allo sbando – quello nordico –, reo di voler finanziare la socialità attraverso una politica fiscale ‘progressista’. Si va così a strizzare evidentemente l’occhio a tutte le voci che, qui da noi, chiedono insistentemente nuovi e maggiori sgravi per le classi più abbienti della società. È come se ci fosse, per taluni, un certo piacere morboso nel raccontare il caso dei miliardari scandinavi, un caso che diventa una sorta di monito: guai a tassare maggiormente i più ricchi, che poi ci si ritorce contro. La ramanzina si completa poi con l’auspicio nemmeno tanto velato di tenerci ben stretti i nostri "paperoni".
Ricapitolando. Sappiamo che il 2023 sarà un anno particolarmente impegnativo per le finanze pubbliche: gli utili della Bns – ora è ufficiale – non arriveranno e il disavanzo del Cantone potrebbe, in teoria, sforare i 200 milioni di franchi. Inoltre il fronte borghese in parlamento continua a portare avanti delle iniziative che comporteranno un’ulteriore diminuzione delle entrate dello Stato, mentre insiste – ipocritamente – sulla necessità di effettuare dei tagli consistenti alla spesa. A tutto questo si aggiunge l’annunciata riforma della Legge tributaria, cantiere tuttora aperto che potrebbe fungere da traino a una nuova strategia (eufemismo) ‘acchiappa ricchi’. Che poi gli ultimi decenni di neoliberismo abbiano dimostrato come tutte le teorie dello "sgocciolamento" dall’alto verso il basso siano fallimentari, poco importa. Noi andiamo avanti a suon di sgravi e manovre di rientro. Poi semmai la pezza la si mette con l’arrivo di nuovi globalisti.
Peccato che dalle nostre parti non venga mai preso sul serio questo vecchio proverbio norvegese: Hjelp eit menneske i motbakke, ikkje når han kommer opp (aiuta un uomo quando è indietro, non quando arriva).