A questo punto varrebbe la pena interrogarsi sul perché dell’insistenza da parte delle forze borghesi sulla necessità di risanare dei conti già sani
A quanto pare i conti dello Stato non sono poi così terrificanti come sembrava: a dircelo è l’aggiornamento intermedio del preventivo 2022 al 30 settembre. Le previsioni del Dfe parlano di un disavanzo di 13,4 milioni di franchi per l’anno in corso. Un risultato migliore di oltre 50 milioni rispetto all’ultimo preconsuntivo (-64,7 milioni). Per non parlare della variazione rispetto al preventivo approvato dal parlamento all’inizio di quest’anno, il quale indicava un disavanzo di quasi 135 milioni di franchi. Come mai si verifica un tale scostamento? Da un lato perché il miglioramento delle stime sul Pil permette di valutare al rialzo l’andamento del gettito fiscale. Poi, perché dalla Banca nazionale sono arrivati 25,6 milioni in più rispetto a quanto previsto e perché la Confederazione ha coperto integralmente i costi legati all’accoglienza dei rifugiati ucraini. A tutto ciò si aggiunge il fatto che sono stati spesi parecchi milioni in meno per l’assistenza sociale, per i sussidi di cassa malati e per il settore dell’asilo (spiace per il Mattino, qualche argomento in meno per la loro narrazione domenicale). Bisogna tra l’altro considerare che per il consuntivo mancano ancora tre mesi contabili: non ci sarà dunque da stupirsi se alla fine di tutto questo giro si arriverà pure al pareggio o addirittura oltre.
Cosa implica in prospettiva una chiusura nettamente migliore rispetto alle attese? Prima di tutto, il quasi equilibrio fiscale raggiunto nel 2022 comporterà minori oneri nel 2023 a livello di accantonamenti sul conto di compensazione previsto dal meccanismo del freno al disavanzo. Inoltre, le minori spese registrate in alcune voci della politica sociale rendono più attendibili le cifre preventivate per l’anno prossimo, in particolare per quel che concerne l’ammontare dei sussidi previsti dalla Ripam.
Ci sono poi le ripercussioni a livello politico: il diligente Dipartimento delle finanze ha fatto talmente bene i compiti che ha perfino anticipato di tre anni l’obbligo di pareggio impostogli dal Gran Consiglio tramite il Decreto Morisoli. Ergo: la favola della spesa pubblica fuori controllo, del disequilibrio strutturale e dell’irrinunciabile manovra di rientro possono tranquillamente andare a farsi benedire. È chiaro che l’anno prossimo verranno a mancare diversi milioni che non arriveranno dalla Banca nazionale. Ma questo è un fattore contingente: le misure draconiane paventate in particolare dal fronte Lega/Udc andrebbero invece a incidere in maniera permanente sul tessuto socioeconomico del nostro Cantone.
A questo punto varrebbe la pena interrogarsi sul perché dell’insistenza da parte delle forze borghesi sulla necessità di risanare dei conti tutto sommato già sani di loro. È proprio qui che, come si suol dire, "casca l’asino". È probabile che Udc, Lega, Plr e Centro stiano già facendo i calcoli di domani, cioè di quando verranno accolte le loro varie iniziative di sgravio a favore dei più abbienti.
In effetti, col senno di poi, il fronte progressista in parlamento ha sbagliato a non chiedere un emendamento al Decreto Morisoli oltre che a combatterlo. In quell’inciso in cui si dice che il pareggio di bilancio nei conti pubblici dovrà essere raggiunto entro la fine del 2025 "senza aumenti d’imposte", sarebbe bastato aggiungere "né deduzioni". Dall’altra parte dell’emiciclo, inebriati dalla prodezza che stavano per compiere, forse non si sarebbero nemmeno accorti del trabocchetto.