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L’ingrato compito di doversi accollare i costi della crisi

Senza i milioni della Bns il Preventivo 2023 del Cantone balla male: tuttavia il contesto richiederebbe un’azione agli antipodi da parte dello Stato

In sintesi:
  • Il nostro livello di benessere è direttamente proporzionale ai risultati della Banca nazionale
  • C’è un dato molto significativo nel Messaggio di presentazione del budget cantonale che è passato perlopiù inosservato
  • Sarebbe ora di stabilire delle priorità che poco c’entrano col rigore finanziario
Il Consiglio di Stato in corpore
(Ti-Press)
4 ottobre 2022
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Che il nostro livello di benessere sia direttamente proporzionale ai risultati della Banca nazionale è un dato di fatto. Sentircelo dire dal Consiglio di Stato in corpore, durante la presentazione del Preventivo 2023, fa comunque un brutto effetto.

Le cose stanno così: nel budget del Cantone per l’anno prossimo sono calcolati 137 milioni di franchi in entrata che la Bns molto probabilmente non verserà. Non lo farà perché i soliti utili quest’anno non ci saranno: nel cambio di paradigma della sua politica monetaria, che non mira più a contrastare la forza del franco bensì a "proteggere" l’economia svizzera dall’inflazione importata dall’estero, la Banca nazionale ha smesso di stampare moneta per acquistare titoli e obbligazioni estere, cioè sta consentendo al franco di apprezzarsi. In questo modo si vede costretta a registrare ingenti perdite contabili dovute alle sue posizioni in valuta estera. Al 31 dicembre 2021 gli investimenti in altre monete erano valutati in circa mille miliardi di franchi. Quegli stessi attivi, tenuto conto del rafforzamento del franco, equivalgono oggi a quasi cento miliardi in meno, miliardi che corrispondono alle perdite dell’Istituto di emissione nel primo semestre. Fatto sta che Cantoni e Confederazione rischiano davvero di rimanere a bocca asciutta nel 2023.

Quanto sia determinante il peso della Banca nazionale, non solo per i conti cantonali ma anche a livello federale, lo dimostra la dimensione del bilancio della Bns, superiore di oltre il 30% rispetto al Pil svizzero. Un rapporto, quello tra attivi bancari e Pil, da primato a livello mondiale. Nulla di cui vantarci, attenzione. Il tutto in fondo ci riporta a constatare quanto la nostra economia sia ancora fortemente condizionata dall’andamento della piazza finanziaria.

Tornando in Ticino, c’è un dato molto significativo nel Messaggio di presentazione del Preventivo 2023 che è passato perlopiù inosservato: per l’anno in corso il Bak prevede una contrazione dello 0,2% dell’economia cantonale. Come sia possibile, in un contesto quasi recessivo, prevedere una crescita dei ricavi del 3% l’anno prossimo andrebbe ulteriormente spiegato dal Dfe. Pure le cifre messe a budget per i sussidi di cassa malati sembrano poco attendibili: è calcolata una progressione del 2% per la Ripam a fronte di un aumento medio dei premi del 9,2%.

Così rischia di passare l’idea di essere di fronte a un preventivo che per puro calcolo elettorale – le Cantonali sono dietro l’angolo – prova a stare (forzatamente) dentro all’annunciato limite massimo degli 80 milioni di disavanzo.

Diversi analisti e attori della politica invocano ora un gesto di "responsabilità" da parte del governo per rimettere "i conti in ordine"; il contesto invece richiederebbe un’azione agli antipodi. Con un debito pubblico irrisorio (i paventati 2,5 miliardi di franchi non rappresentano neanche il 10% del Pil cantonale), sarebbe ora di stabilire delle priorità che poco c’entrano col "rigore finanziario": ciò d’altronde implicherebbe dover andare a rivedere l’attuale assetto legislativo (freno al disavanzo). E non succederà.

Tuttavia la crisi in corso comporta dei costi che qualcuno si deve pur accollare. Se si volesse davvero tutelare il tessuto economico e sociale di questo Cantone, farebbe bene lo Stato ad assumersi l’ingrato compito.

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