Ticino

‘La situazione peggiorerebbe di molto per diversi Cantoni’

Vitta sul previsto deficit della Bns. Congelamento freno al disavanzo, parlano gli economisti Beretta (‘Prematuro discuterne’) e Rossi (‘Ha un senso’)

Per il Preventivo 2023 del Cantone futuro sempre più fosco
(Ti-Press)
26 ottobre 2022
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«Solo all’inizio del prossimo anno conosceremo i risultati effettivi, perlomeno nella versione provvisoria, della Banca nazionale. Fino a quel momento siamo nel campo delle ipotesi». Interpellato dalla ‘Regione’, il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta non si sbilancia sulle stime degli analisti dell’Ubs riguardanti i conti della Banca nazionale svizzera nell’ultimo trimestre: 50 miliardi di rosso. Un nuovo deficit che si assommerebbe ai 95 miliardi di franchi di perdita registrata nei primi sei mesi dell’anno. Cinquanta miliardi: cifra che se lunedì dovesse essere confermata dalla stessa Bns non permetterebbe, con molte probabilità, all’istituto centrale di distribuire gli utili di quest’anno. Un grosso problema per la Confederazione e i Cantoni, con il Ticino che nel Preventivo 2023 del Cantone, presentato verso la fine dello scorso mese dal Consiglio di Stato al Gran Consiglio, conta di ricevere 137 milioni dalla Bns. Se quest’ultima chiuderà il terzo trimestre con il rosso calcolato da Ubs, il deficit sin qui complessivo sarebbe di circa 150 miliardi di franchi. «È una situazione – riprende Vitta – che tocca tutti i Cantoni e anche la Confederazione. Se non dovesse essere distribuito nulla dalla Banca nazionale la situazione peggiorerà di molto per un buon numero di Cantoni e per la Confederazione. Per questo motivo a livello nazionale il tema sta facendo discutere e occorrerà vedere se ci saranno delle prese di posizione anche di natura politica».

A pesare sull’ammanco, spiegano gli esperti di Ubs, secondo quanto riferito oggi dall’Agenzia telegrafica svizzera, sono il perdurare del difficile contesto per gli investimenti finanziari, con l’aumento dei tassi d’interesse e il negativo andamento dei mercati. Il risultato del terzo trimestre verrà ufficializzato dalla Banca nazionale come detto lunedì. "Secondo le nostre stime, se la perdita annuale supererà i 93 miliardi la Bns rinuncerà a distribuzioni per l’esercizio 2022", hanno indicato, citati dall’Ats, gli specialisti di Ubs facendo riferimento ai tradizionali versamenti per Confederazione e Cantoni. "Solo una forte ripresa dei mercati finanziari – hanno spiegato – consentirebbe alla Bns di effettuare i pagamenti".

Dadò: in questo difficile momento impensabili tagli e aumenti di imposta

«Se la stima di Ubs venisse convalidata, il dato confermerebbe le perplessità emerse in commissione sull’attendibilità del Preventivo 2023 del Cantone proprio in merito al previsto incasso dei proventi della Bns – osserva il presidente della commissione parlamentare della Gestione Fiorenzo Dadò (Centro/Ppd) –. In relazione anche a questo aspetto, i gruppi parlamentari hanno già posto delle domande al Consiglio di Stato, per cui quando la commissione riceverà le risposte, si potrà discutere delle conseguenze». La prima, derivante dalla mancanza dei 137 milioni della Banca nazionale, sarebbe un incremento consistente del disavanzo preventivato dal governo: da 79,5 milioni a oltre 200 milioni di franchi. Cosa che renderebbe assai arduo conseguire l’auspicato, da Palazzo delle Orsoline, pareggio di bilancio per fine 2025. Per l’Udc, servirebbe (parole del deputato Paolo Pamini, vedi l’edizione di ieri) "una manovra immediata di taglio della spesa di circa 150 milioni di franchi: un taglio del 3-4% della spesa, pertanto possibile senza estremi dolori". Dadò, come giudica la ricetta democentrista? «Per questo Preventivo non è pensabile fare delle correzioni di spesa di tale entità, non è ipotizzabile in questo momento mettersi a fare dei tagli raffazzonati senza prima aver svolto un’analisi seria della spesa pubblica. Così come non è pensabile un aumento delle imposte – sostiene il granconsigliere e presidente cantonale del Centro/Ppd –. Il Paese è in difficoltà, i cittadini stanno subendo rincari da tutte le parti: bisogna quindi andare con i piedi di piombo, non ci si può permettere di fare scelte o proposte senza un’attenta valutazione. Lo ribadisco: occorre dapprima un’analisi seria, da parte di un ente esterno, della spesa».

‘In futuro i Cantoni non dovranno tenere troppo in considerazione quei proventi’

«In tempi di grande volatilità dei mercati è purtroppo fisiologico che anche le finanze pubbliche soffrano. La Bns investe in attività che ritiene più o meno sicure e l’andamento del valore di queste ha ripercussioni a cascata anche sui cantoni», spiega il professore titolare di scienze economiche all’Università della Svizzera italiana Edoardo Beretta. «È probabile che in futuro i Cantoni dovranno lavorare ai propri Preventivi senza tenere troppo in considerazione le entrate dalla Bns. È comunque una situazione temporanea, dovuta a un’instabilità "gemella": agli strascichi della pandemia si è unita l’inflazione che fa fuggire, con altrettanta erraticità, gli investitori da alcune attività finanziarie per investire in altre. A mio avviso questo è il problema centrale».

’Una proposta che merita senz’altro una seria riflessione’

Torniamo al Preventivo 2023 e alle finanze del Cantone. Dati i tempi difficili, i socialisti chiedono, con un’iniziativa parlamentare, la modifica della Legge ticinese sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato per sospendere, per il 2023 e il 2024, il meccanismo del freno ai disavanzi pubblici.«È una proposta che merita senz’altro una seria riflessione: andrà discussa nei gruppi parlamentari e poi in commissione», rileva Dadò.

‘L’indebitamento non è mai una vera soluzione’

«È un’opzione che bisognerà forse considerare, visto che è quanto sta sostanzialmente facendo l’Unione europea», commenta a sua volta Beretta. «Penso però sia prematuro fare questo discorso in Ticino, visto l’andamento dell’economia svizzera. L’indebitamento non è infatti mai una ‘vera’ soluzione, anche quando i tassi di crescita dell’inflazione sono elevati e quindi permettono uno smaltimento più facile del debito». Ma quali sarebbero i rischi di un intervento più marcato dello Stato? «È un approccio che può essere un ‘boomerang’, in caso di crescita più decisa. Serve uno Stato che dia slancio all’economia e che non la appesantisca chiedendo indietro quanto speso in passato. Quello attuale resta però uno scenario difficile da inquadrare».

‘Equilibrio dei conti pubblici? Oggi le priorità sono altre’

Per Sergio Rossi, professore di macroeconomia e di economia monetaria all’Università di Friburgo, la proposta del Ps di congelare per il prossimo biennio il meccanismo del freno al disavanzo ha «un senso sul piano macroeconomico, ma anche su quello socioeconomico: considerati il periodo molto problematico e le prospettive cupe a livello internazionale, è evidente che l’equilibrio dei conti pubblici ha una priorità ben inferiore a quella di un anno fa». Attualmente, aggiunge Rossi, «le priorità sono ben altre. Molte famiglie del ceto medio, per non parlare di quelle del ceto basso, rischiano a breve di trovarsi in grosse difficoltà economiche, dovute ai forti rincari dei prezzi al consumo, delle bollette e dei premi di cassa malati. Senza dimenticare le piccole e medie imprese, che hanno dei costi energetici che sono esplosi, le quali difficilmente riceveranno aiuti pubblici. Insomma, in questa situazione, guardando al presente ma soprattutto al prossimo futuro, è impensabile mantenere in vita questa idea dell’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi».

Oggi il debito pubblico del Canton Ticino, ricorda Rossi, ammonta a 2,2 miliardi di franchi, pari al 7,5 per cento del prodotto interno lordo cantonale. «Date le circostanze, possiamo permetterci di aumentare un po’ il debito pubblico ticinese – osserva il professore di macroconomia – per sostenere e rilanciare l’insieme dell’economia cantonale. Se guardiamo alla valutazione del rischio delle obbligazioni del Cantone Ticino da parte delle agenzie di rating, non siamo al livello della Grecia o dell’Italia. Le obbligazioni del Cantone Ticino, in quanto settore pubblico, sono valutate ancora come degli attivi nei quali si può investire. Non c’è infatti una situazione di sovraindebitamento pubblico, con i mercati finanziari che in tal caso farebbero pagare al Cantone tassi di interesse a due cifre per prestare i soldi di cui lo Stato ha bisogno per finanziare il proprio disavanzo».