Un franco investito nella ricerca ne genera tre in termini di nuovi posti di lavoro, brevetti, scoperte. Un buon investimento per il Ticino di domani
Il Covid ci ha messo davanti agli occhi una drammatica verità: quanto siamo vulnerabili e dipendenti dalla creatività, dalla tenacia, dall’intelligenza di tanti scienziati. A dire il vero, anche la fortuna aiuta. Uomini e donne che investono tempo ed energie per migliorare la vita di tutti, lavorando in un contesto molto competitivo, a tratti feroce, che premia i più bravi, i più veloci. Quelli che hanno una marcia in più. Quelli che… quando cadono, sanno rialzarsi e andare avanti con risolutezza. Grazie ai loro sforzi si evitano morti precoci per tumore, per effetto delle pandemie, quella in corso e (ahinoi!) quelle future. Determinante quello che si fa a Bellinzona, nella moderna infrastruttura, a due passi dal fiume, che ospita sotto lo stesso tetto 250 ricercatori dell’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb), dell’Istituto oncologico di ricerca (Ior) e alcuni laboratori di ricerca traslazionale dell’Ente ospedaliero cantonale. I primi due sono affiliati all’Usi, il terzo brama un tassello in più: l’ospedale universitario.
In un contesto nuovo, dinamico, creativo, si offre un mix vincente: clinica, ricerca, didattica. Per capirci: un primario, oltre a curare pazienti in corsia, fa ricerca in laboratorio e trasmette le conoscenze insegnando alla facoltà di medicina. Dove si fa ricerca (dicono!) si cura meglio.
Il polo bellinzonese si è ritagliato un posto di rilievo nella ricerca a livello internazionale, diventando un magnete che calamita in Ticino nuovi talenti. Portano conoscenze, successi accademici, energia creativa per costruire una sanità di punta. Un vantaggio per tutti. Infatti, un franco investito nella ricerca ne genera tre in termini di nuovi posti di lavoro, brevetti, scoperte. Quello che si costruisce oggi avrà un impatto sul Ticino di domani.
C’è stata una generazione di visionari, benefattori, istituzioni, forze politiche lungimiranti che ha creato solide fondamenta, ora bisogna pensare ai prossimi mattoni, perché la concorrenza è forte; il rischio è quello di veder fuggire menti brillanti. Chi è arrivato resta, se ci saranno le condizioni, tra queste (lo ripetiamo) l’ospedale universitario. Per crescere e rimanere competitivi servono investimenti.
Tutto questo fermento però è sconnesso dal quotidiano dei ticinesi. Chi sono questi stacanovisti delle provette, sconosciuti ai più? Le grandi vetrate dei laboratori lasciano trasparire quanto succede all’interno, nel luogo della ricerca a Bellinzona, ma in realtà sembrano più torri d’avorio: sappiamo poco o nulla della tribù di 250 scienziati che ci lavorano. Di tanto in tanto leggiamo qualche scoperta. L’ultima, l’anticorpo di nuova generazione sviluppato dall’Irb in grado di proteggere dal Covid e dalle sue varianti. Ma chi sono questi scienziati? Da dove vengono? Quali sono i loro sogni? Siamo andati a trovarli tra luminosi laboratori e sofisticati macchinari ‘spacca sangue’, per raccontarvi una realtà che ha un potenziale enorme e ricadute per l’intero Ticino, perché nell’economia del prossimo futuro la biotecnologia e le scienze biomediche avranno un ruolo primario e crescente. Iniziamo il nostro viaggio con le storie di tre brillanti ricercatori ticinesi (Andrea, Arianna e Jonathan) che dopo anni all’estero sono rientrati, perché il loro cantone è diventato competitivo. Un buon antidoto all’emorragia di cervelli (se ne vanno in 300 l’anno) di cui soffre il Ticino da un po’ di tempo.