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Angela Merkel, il punk e i fantasmi del Terzo Reich

La cancelliera uscente sceglie Nina Hagen per l’addio, ma si ritrova dentro una parata militare dal sapore troppo retrò. Forse sarebbe meglio smetterla

Verità o finzione? (Keystone)
4 dicembre 2021
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La sua banda suona il punk rock. E tutto il resto all’occorrenza. Ce ne siamo accorti giovedì sera, quando Angela Merkel ha scelto la colonna sonora dell’addio, dopo 16 anni da cancelliera, mettendo alcune delle sue canzoni preferite nelle mani di una banda militare.

Molti hanno sottolineato la scelta di un brano in particolare, “Du hast den farbfilm vergessen” dell’icona punk Nina Hagen, etichettandola come un’eccentrica stramberia della solitamente composta Merkel. Dimenticando che entrambe sono cresciute in Germania Est e che l’ormai ex cancelliera, classe 1954, aveva esattamente vent’anni quando uscì quel pezzo. E la musica dei tuoi vent’anni, qualunque sia, ti si attacca addosso e non ti lascia più, anche se diventi una delle donne più potenti del mondo. Merkel, poi, ha gusti variegati in musica, visto che passa con disinvoltura dal Festival wagneriano di Bayreuth al sottopalco sudato di Bruce Springsteen.


Nina Hagen per la pace, nel 2008 (Keystone)

Ma per chi l’ha vista e per chi non c’era, è il caso di andare oltre i suoni e badare alle immagini, passando dalle parole, anzi dai titoli.

La traduzione italiana di “Du hast den farbfilm vergessen” è “Hai dimenticato la pellicola a colori”. E più seguivi la cerimonia più sembrava diventare tutto in bianco e nero, anche se siamo nel 2021 ed era tutto in Hd. La banda aveva un che di inquietante, elmetti neri, guanti neri, divise nere con piccoli dettagli bianchi che sembravano uscite da un’altra epoca, tutt’altro che gloriosa per la Germania. Inoltre, alcuni militari tenevano delle torce inclinate all’incirca con lo stesso angolo con cui s’alzava il braccio per salutare il Führer.


Merkel nell’alto castello (Keystone)

Agli occhi di un tedesco che conosce bene la storia del suo Paese quei simboli rappresenteranno sicuramente altro, di più antico e profondo, non il Terzo Reich, ma quella cerimonia l’ha guardata tutto il mondo. E a vederla vengono in mente le fiaccolate naziste (c’è un video Pathé, girato a Berlino nel 1939 quasi sovrapponibile, non fosse per i copricapi) e quelle del Ku Klux Klan, provocando uno di quei cortocircuiti a cui cinema e tv ormai ci hanno abituato.

Forse avremmo davvero bisogno di un segnale che ci dica se quel che stiamo guardando è reale oppure no quando accendiamo il televisore, perché si fa sempre più fatica a capire il confine tra la cerimonia per Merkel e certe scene de “L’uomo nell’alto castello”.


Un momento della cerimonia (Keystone)

E forse è anche arrivato il momento, non solo per la Germania, di far scivolare in secondo piano elmetti, baionette, uniformi e mostrine. Vale per l’Italia, terra d’arte per eccellenza che per celebrare sé stessa al posto di mettere in vetrina Dante e Caravaggio fa sfilare i carri armati e volare Frecce Tricolori. Un Paese che, tra l’altro, ha un ruolino di guerre vinte da retrocessione. La Francia – che almeno qualche guerra l’ha vinta – avrebbe di che vantarsi quanto l’Italia dei suoi figli celebri e disarmati, invece preferisce mettere l’orgoglio patrio e il Tricolore negli scarichi della Patrouille acrobatica. Putin, in Russia, ha fatto della parata del 9 maggio, giorno della vittoria sui nazisti, un’esibizione di muscoli degna di un culturista, per non parlare degli Stati Uniti, che attorno al mito dei veterani hanno costruito lo spirito della nazione.

L’immagine di Merkel e della ministra della Difesa, due donne in mezzo a un plotone di uomini indistinguibili, in divisa ed elmetto nero, simili a comparse in una scena di massa di un film di guerra, avrà una sua ratio. Ma, nel Paese dei grandi filosofi, vedere un gruppo di militari tedeschi in formazione che avanza per Berlino con passo marziale dovrebbe essere molto più straniante di una vecchia canzone punk.


Orgoglio francese con i colori della Paf (Keystone)