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Questo Lugano a noi piace così

I bianconeri hanno chiuso l'ennesima stagione positiva (nonostante l'Europa solo sfiorata) ma rimane aperta la questione della cessione societaria

22 maggio 2021
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L’ultima con Angelo Renzetti? Con tutto il rispetto per i giocatori del Lugano (dai più fedeli a quelli che vanno e vengono in perfetto stile calcio moderno) e per un allenatore come Maurizio Jacobacci che meriterebbe una conferma, subordinata però a un passaggio di proprietà che potrebbe anche concretizzarsi, è soprattutto l’idea che il Football Club Lugano possa separarsi dal suo presidente a generare un po’ d’inquietudine, al termine dell’ennesima stagione positiva segnata dalla gestione dell’attuale presidente.

Non è pregiudizio nei confronti di chi eventualmente subentrerà, bensì quel legittimo senso di diffidenza che accompagna ogni nuova esperienza. Già, perché Angelo Renzetti si è dimostrato un compagno di viaggio affidabile e gradevole. Perderlo, pur comprendendo bene le ragioni di un suo disimpegno, significherebbe lasciare certezze consolidate e una visione di calcio un po’ romantica - ancorché umorale e quindi soggetta a sbalzi non sempre costruttivi - che ha regalato per molti anni alla Lugano ancora appassionata di calcio e al Ticino in generale una realtà con radici ben piantate nel territorio, nel tessuto sociale in cui opera. Una società con la quale lavorare e collaborare risulta piuttosto facile, proprio per la vicinanza e la familiarità dei suoi addetti ai lavori, oggi riconoscibili, domani chissà.

Il Lugano di Angelo Renzetti ha fatto passi avanti incredibili, sul piano dell’organizzazione e della professionalità, criteri del resto imposti dalla Lega per restare al passo della Super League.

Si è adattato, si è dotato delle strutture necessarie, con trepidazione attende di poter beneficiare dell’agognato Polo sportivo - vera e propria condicio sine qua non per il futuro stesso del club - pur mantenendo quella genuinità incarnata proprio dalla sua guida, Angelo Renzetti, colui che il Lugano lo ha concepito così, voluto così e sempre difeso, affinché così - come piace a lui - restasse.

Ora che potremmo davvero essere alla resa dei conti, alla fine di una lunga parentesi che non esitiamo a definire straordinaria, per i successi ottenuti (non solo in ambito sportivo) ci sia concessa questa punta di inquietudine, un velo di magone. Magari ingiustificato, perché non è mica detto che le trattativa in corso giungano a buon fine, ma presente.

In fondo, è andato tutto talmente bene che la voglia di vedere come la storia del sodalizio si svilupperà con un’altra proprietà è giocoforza meno dell’auspicio che si possa proseguire lungo i binari sui quali il treno Lugano sferraglia ormai da molte stagioni, pur con tutte le ristrettezze del caso con le quali Renzetti ha dimostrato di sapersi destreggiare benissimo.

Peccato che questo Lugano, competitivo quanto tutte le altre in un campionato dai contenuti tecnici non eccelsi, dominato da uno Young Boys che non ha neanche dovuto essere trascendentale per vincerlo a mani basse, non abbia centrato l’obiettivo appena oltre quello minimo, indicato nella salvezza.

Un posto in Europa, al netto di tutte i “fastidi” gestionali e organizzativi che avrebbe creato, era alla portata. Non che aver mancato il bersaglio abbia fatto rafforzato in Renzetti la convinzione che sia giunto il momento di lasciare, maturata da tempo, tuttavia un premio come la ribalta europea, foriera oltretutto di un bel gruzzoletto, se lo sarebbe meritato. Lo avrebbe stimolato e ripagato. Anche in moneta sonante, perché no, giacché possiamo parlare finché ne abbiamo voglia e tempo di passione, impegno e professionalità, ma poi per fare partire quel treno e mantenerlo in corso, servono le palanche, non bastano i buoni propositi e il cuore gettato oltre l’ostacolo, magari anche a rischio della salute.

Ha fatto tutto il possibile, il Lugano di Jacobacci, questo gli va riconosciuto. Ha alternato cose belle a momenti di appannamento che, sul piatto della bilancia, hanno pesato leggermente di più, privando i bianconeri di un piazzamento sfuggito a causa di quella lunga fase un po’ troppo compassata senza vittorie tra metà dicembre e fine febbraio e, soprattutto, di quelle due settimane abbondanti tra la fine di aprile e metà maggio segnate da quattro sconfitte filate. Peccati riconducibili a quella tattica un po’ attendista e a quella solidità che sono il marchio di fabbrica della squadra di Jacobacci, andate però a scapito di un pizzico di audacia ed esuberanza che però, d’altro canto, sono state qualità rivelatesi più volte vincenti. Lacune, in fondo, proprie a tutte le rivali. Basta leggere la classifica per intuire il livellamento dei valori, sotto lo Young Boys.

Aspettarsi qualcosa di più era lecito. Agli archivi, tuttavia, oltre alle recriminazioni del caso, va anche un percorso di squadra comunque positivo, nonché l’ennesima buona stagione vissuta da protagonisti in Super League. Angelo Renzetti sa quanto questo traguardo non sia scontato. Pur solidali con il suo stato d’animo, auspichiamo che trovi la forza e le risorse per regalarcene altre...