Ballottaggio o no, il primo importante dossier da affrontare, con testa, sarà quello delle finanze in rosso
Giù del 3-5% i partiti di centro, ma pur sempre saldamente al comando, su del 3% gli schieramenti d’opposizione, o sedicenti tali a dipendenza dell’occasione e del periodo, con talvolta una buona dose di opportunismo. A Bellinzona la nuova legislatura – indipendentemente che Simone Gianini e il Plr optino o meno per il voto di ballottaggio – comincerà com’è finita quella vecchia: con gli estremi in costante assetto di guerra e buoni a lanciare bombe di carta – per di più ora incoraggiati da un elettorato in crescente polarizzazione – contro un nemico che si vuole all’origine di ogni male, disservizio, sorpasso di spesa, decesso Covid, buca nella strada, quartiere dimenticato.
Ovviamente leggendo le dichiarazioni raccolte a caldo tutti ritengono di avere vinto: chi perché non ha perso seggi nonostante la chiara erosione di preferenze subita nelle urne, chi perché ambiva a entrare nella stanza dei bottoni ma non essendoci riuscito ripiega sul sempre onesto “rafforzamento in Consiglio comunale”. Che è poi la meta più logica per chi interpreta la politica all’attacco e reclama, ricorre, interpella, reinterpella, re-reinterpella e nel caso non fosse chiaro re-re-reinterpella. Giusto che sia così, da ambo i lati. Giusto che il ruolo di sindaco sia giocato fino in fondo assumendosi la responsabilità (infine, come s’è visto, avallata dagli elettori) di convincere il proprio partito sulla necessità di smantellare le storiche Officine e di trasferirle a Castione per dare agli operai e al quartiere un futuro 2.0; e giusto che chi la pensi diversamente faccia il pelo e il contropelo a decisioni che hanno logiche non sempre lineari e condivisibili (le Officine, appunto, insegnano: basterebbe rileggersi talune dichiarazioni socialiste e liberali-radicali di due legislature fa, quando ancora i binari servivano a sdraiarvici sopra).
Il problema a Bellinzona è che la sedicente opposizione, che sia di destra o di sinistra, pensa che per ottenere qualcosa basti alzare i toni, e che se non ottenuta occorra alzarli ancora di più. Toni che raramente trasudano il convinto desiderio di costruire una risposta a impellenti esigenze; sovente a colare è solo odio personale (questo è, null'altro), alla faccia di chi va in giro a dire che in fin dei conti è amico di tutti ma poi ti annienta su Facebook. Quanto succederà a Bellinzona è che grazie alla logica dei numeri l’opposizione avrà la vita un po’ più facile di prima, forse anche con l’appoggio strategico del Ppd che potrà ora smarcarsi più facilmente facendo da ago della bilancia laddove la maggioranza Plr-Sinistra mostrerà qualche scricchiolio. Ma se vera opposizione vuol essere, allora dovrà anche combaciare con una crescita qualitativa della stessa, che andrà ricercata nell'attento lavoro in seno alle commissioni del Legislativo e sul piano della propositività vera. Non quella ostentata al solo fine di farsi bocciare improbabili mozioni o emendamenti, ma organizzata per uscire dalle sabbie mobili e trovare soluzioni praticabili.
Il primo importante dossier che la politica cittadina di Branda o Gianini dovrà affrontare è quello delle finanze comunali che a partire dal preventivo 2021 e dall’imminente consuntivo 2020 si prospettano da profondo rosso, anche a causa delle crescenti spese imposte dall’alto e per l'avanzare di servizi locali apprezzati dalla popolazione ma che hanno un prezzo. Un quadro della situazione è atteso dopo l'estate, soluzioni nel corso dell'autunno. Il capitale proprio nel frattempo lievitato oltre i 50 milioni, che dovrebbe servire a finanziare i tanto attesi progetti strategici, non potrà che rappresentare una parte della soluzione. L’altra dovrà arrivare dai cervelli che i bellinzonesi hanno votato questa domenica. Dalle sette teste che alloggeranno nella stanza dei bottoni e soprattutto dalle 60 che siederanno presto nella rinnovata sala del Consiglio comunale dotata della migliore tecnologia. Detto molto prosaicamente: stop alla guerriglia e puntare al concreto, evitando di fare la figura della cittadella che non sa guardare oltre la propria murata sebbene si dichiari grande.