La seduta turbolenta di Consiglio comunale è la cartina al tornasole del clima politico turrito che rischia un inconcludente muro contro muro
La politica di Bellinzona è giunta a un bivio la primavera scorsa, quando il Plr ha invano tentato l’assalto alla carica di sindaco e quando le due opposizioni di sinistra e di destra si sono sensibilmente rafforzate in Consiglio comunale complicando così (eufemismo) la vita al Municipio. Ora secondo taluni il ballottaggio ha lasciato strascichi nella coesione dell’Esecutivo (viene però da sostenere il contrario osservandone l’azione), mentre c’è chi si stupisce di quanto è andato in scena lunedì sera durante la turbolenta seduta di Consiglio comunale. La domanda s’impone: bisogna credere ai tre gruppi che hanno abbandonato la sala sollevando una questione di opportunità in materia pandemica, oppure a chi è rimasto criticando i partenti poiché rei di celare dietro al pretesto Covid una presunta debolezza politica sui temi che contano? Da una parte Lega, Udc, Ppd, Mps e Verdi. Dall’altra Plr e Sinistra (sì, quelli del ballottaggio) che rimasti soli hanno portato a casa il Preventivo 22 da loro stessi a tratti fortemente criticato.
Quello che emerge dal P22 è un Municipio ostaggio del proprio macchinoso equilibrio quadripartitico, con un sindaco socialista (due seggi su sette) a fare da locomotiva alle prese con una sinistra non del tutto allineata e un Plr con mire da leader (tre seggi e il dicastero finanze) che sollecita più ottimizzazione nell’Amministrazione. Nella quale per ottimizzare s’intende far fare le cose meglio con lo stesso personale che invece è in crescita costante (idem la spesa) e dall’aggregazione a oggi sembra non aver ancora trovato in tutti i settori la giusta velocità di crociera. Tanto che la decantata spending review ha finora partorito un topolino richiedendo l’intera legislatura per raggiungere un probabile riequilibrio delle finanze comunali cui mirano i partiti ‘di governo’, ovviamente ciascuno a modo suo.
A giusta ragione il vicesindaco Simone Gianini, assente lunedì in sala il sindaco Mario Branda, ha detto che avanti di questo passo la politica disunita finirà per affossare i tanto attesi progetti strategici della nuova Bellinzona (ma le attese dei quartieri sono altre). Chi tiene il timone e segna la rotta deve però sapere ascoltare anche l’ultimo mozzo, pena l’ammutinamento. D’altro canto sarebbe utile che l’ultimo mozzo abbassasse un po’ i toni mentre è intento a far valere il suo sacrosanto diritto di fare opposizione, a volte anche giustamente dura; pena l’assuefazione e la non considerazione a prescindere dai temi sollevati (alcuni davvero importanti).
D’altronde a nessuna delle due fazioni manca la voglia di fare il bene comune dei cittadini: nel rispetto dei ruoli, è opportuno che ciascuno partecipi al gioco delle parti ma ponderando l’interesse generale e fermandosi laddove il troppo stroppia. Lo faccia per evitare che la politica turrita, reduce da due legislature fin troppo placide (sorpassi di spesa a parte) e monotematiche (aggregazione), finisca per ridursi a un inconcludente muro contro muro limitandosi a perfezionare a suon di milioni l’accoglienza turistica dei castelli. Sarebbe uno smacco per la capitale del Ticino in cerca di un posto al sole sul piano cantonale e anche nazionale.