Commento

Super League: si chiama avidità e fa parte del calcio

La superlega che dodici club ribelli hanno fondato nasconde (nemmeno tanto) finalità riconducibili al mero business. In barba allo sport, verrebbe da dire

20 aprile 2021
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È tutta una questione di soldi, una banalissima questione di soldi. Ovviamente tanti, si parla di miliardi. Nella questione della Super League fondata da dodici tra le società più ricche e blasonate del mondo del pallone, il calcio c’entra solo perché di società di calcio si tratta. Altrimenti, il discorso è puramente economico, legato al business.

Un affare per squali sempre più avidi che, a furia di gonfiare il pallone, lo hanno fatto scoppiare, travolti dai debiti. Per metterci una pezza, affinché possa riprendere a rimbalzare in campo, fondano una Lega chiusa, per pochi intimi, ovviamente ricchi e potenti, meglio se legati a non mai meglio precisati “fondi”, così da alimentare una macchina moderna che viaggia a dollari. Però, con emissioni zero, anche se l'ecologia non c'entra. Emissioni zero di quei valori storici e ormai desueti legati al pallone, traducibili con concetti quali cuore, passione, partecipazione emotiva. Sport, per dirla con una sola parola. Anche quella, svuotata del suo significato dal tentativo sfacciato e smargiasso delle grandi d’Europa di fondare un circolo esclusivo, fastidiosamente snob, che mette in pericolo il sistema calcio così come lo concepiamo da sempre, relegandolo a un torneo di supercafoni fortissimi e bellissimi che hanno pure la faccia tosta di professarsi solidali con le “piccole”. Alle quali - non serve essere premi Nobel dell’intuizione per immaginarlo - non lasceranno che le briciole del raccolto che intendono realizzare attingendo a piene mani ai diritti televisivi che saliranno alle stelle, ai già citati e sempre un po’ misteriosi fondi di investimento che hanno fatto esplodere i bilanci e che da tempo hanno fiutato l’affare.

Il tutto, si premurano di farci credere, lo vogliono mettere in piedi d’accordo con Uefa e Fifa, ovvero le strutture alle quali hanno dichiarato guerra, con una ribellione senza precedenti in 70 anni di competizioni internazionali. Già, peccato che abbiano già imboccato la strada dei tribunali, giusto per portarsi avanti di fronte a cause e azioni legali, del resto già annunciate.

Potente e ricca, la fronda, e pure arrogante. Traccia una via parallela, che per ovvie questioni anche geometriche non può avere punti di contatto con quella percorsa da sempre dal calcio, sventola la bandiera dell’autonomia e brandisce il vessillo di una collaborazione con le attuali istituzioni del calcio - non ammesse, nemmeno loro, al processo di beatificazione, sia ben chiaro - che non ha ragion d’essere, se non per riempirsi la bocca, prima di fare lo stesso con il portafoglio. Non alternativa, bensì concorrenza: così si professano Agnelli e sodali. Intanto però scatenano gli avvocati. Previdenti, non c’è che dire.

Non basta che l’Uefa abbia allargato e ritoccato la Champions, regalando ai principali campionati quattro posti fissi, assegnati d’ufficio. Una concessione che ha fatto storcere il naso alle realtà minori, il cui campione nazionale deve sorbirsi preliminari estivi di complicata gestione e di scarso interesse. Non basta, no. Gli spaventosi debiti accumulati impongono entrate ancor più cospicue. Del resto, facile professarsi ricchi con un debito di un miliardo che mette alle strette, per dirna una, il Barcellona che intanto, però, paga Messi con cifre fuori mercato prima ancora che immorali. Li avessero, tutti quei soldi, potrebbero anche giustificarne la spesa, ma così...

Vero è che attorno ai dissidenti che hanno dato vita alla Super Lega gira gran parte dell’interesse del calcio, in termini sia di soldi sia di tifosi. Gran parte, ma non tutto. E il resto? Sacrificato, accantonato. Contorno trascurabile, parte di un tutto che viaggia a due velocità. Chi ha i soldi per innestare la sesta, può accomodarsi al tavolo della godenda e cercare di accaparrarsi una fetta della torta. Chi ha una società importante e una storia di un certo prestigio, può sempre chiedere aiuto a un fondo, il mondo della finanza ne è zeppo. E magari un posto a tavola lo aggiungono, se ti presenti con le palanche. Le altre? Che continuino pure a regalare gioie e dolori ai propri tifosi sparsi nel mondo, a prendere parte ai campionati, alle coppe, a Mondiali ed Europei. Quello è solo calcio, che volete che sia?