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Perché il vaccino di AstraZeneca è un problema

Quando gli effetti indesiderati, più che il vaccino, riguardano una comunicazione del rischio fallimentare

Come non rassicurare la popolazione (Keystone)
17 marzo 2021
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Il ‘frame’ è tutto, dicono gli esperti di comunicazione: non si tratta di manipolazione e propaganda, ma semplicemente del fatto che le informazioni non ci arrivano isolate, ma si inseriscono in un quadro, in una cornice – il ‘frame’, appunto – che dà loro senso e significato.

Così, le sospensioni dei vaccini contro il coronavirus di AstraZeneca, le indagini avviate dai vari enti regolatori, le segnalazioni di effetti indesiderati in quale ‘frame’ le inseriamo? Per chi si occupa di farmacovigilanza, la cornice è quella della sicurezza che si vuole il più alta possibile, controllando la situazione, indagando ogni anomalia nelle segnalazioni e, se il caso, fermando le vaccinazioni in attesa di chiarire le incertezze come, appunto, alcuni casi di una insolita forma di trombosi. Forse una semplice coincidenza, forse un effetto collaterale estremamente raro finora sfuggito e del quale bisogna tenere conto nel calcolo costi-benefici e nelle linee guida per il personale sanitario. Se vogliamo, è la prudenza di chi, guidando di notte, stacca momentaneamente il piede dall’acceleratore non sapendo cosa ci può essere dietro la curva. Ma all’interno di un’altra cornice concettuale, impostata non su elevate garanzie di sicurezza ma sulla diffidenza verso le aziende farmaceutiche e le autorità, l’impressione sarà di essere a bordo di un’auto senza freni mentre affronta dei tornanti. Quella che potrebbe essere una notizia rassicurante – le autorità sanitarie sono scrupolose – diventa motivo di preoccupazione: se l’hanno bloccato vuol dire che è pericoloso, la gente muore, meglio non farsi vaccinare.

Questa diffidenza non è certo una novità, anzi arriva da lontano. AstraZeneca ci ha poi messo del suo.

Prima un incidente durante le sperimentazioni, con una dose dimezzata somministrata per errore ma sorprendentemente più efficace; poi i dati inizialmente insufficienti per ottenere l’autorizzazione per le persone con più di 65 anni. Se ci aggiungiamo un’efficacia inferiore rispetto ai concorrenti Pfizer e Moderna – ma nell’evitare gravi sintomi e ospedalizzazioni è in realtà paragonabile –, è forte la tentazione di pensare a un prodotto raffazzonato. Tuttavia questa diffidenza non riguarda solo AstraZeneca, che tra l’altro non sembra più far parte della strategia vaccinale svizzera, ma tutti i vaccini e in generale la fiducia verso le autorità sanitarie e politiche.

Proprio per questo non si giustifica il disastro a livello comunicativo da parte di autorità e media, una volta tanto senza bisogno dell’aiuto di fake news, social network e no-vax. Nessuno si è reso conto dell’elevato rischio di reazioni avverse non al vaccino, ma a certe notizie e decisioni? Che limitarsi a dire “non ci sono prove” fa pensare ai cavilli con cui il colpevole potente riesce a sfuggire alla giustizia? Che snocciolare percentuali e fare lezioni sulla differenza tra “morti dopo il vaccino” e “morti per il vaccino” non serve a niente, soprattutto dopo aver ridicolizzato per mesi chi faceva certi distinguo relativi al Covid?

Il risultato è che, anche quando le autorità sanitarie europee riapriranno all’utilizzo di AstraZeneca, in molti rinunceranno alla propria dose, anche se di altri vaccini: non un ritardo di pochi giorni di sospensione, ma di settimane se non addirittura mesi.