L’avversione al debito pubblico, il potere inesorabile dei governi e la solvibilità 'politica' degli Stati
Certo che sentire Ueli Maurer, un po’ provato, dire che “la Confederazione ha finito i soldi” e che “stiamo spendendo il denaro dei nostri figli” fa venire un po’ i brividi. Le cifre svelate dal ‘tesoriere’ appaiono clamorose: ci stiamo indebitando per 100mila franchi al minuto, 6 milioni all’ora, 150 milioni al giorno. Anche la politica locale fa eco alle preoccupazioni del capo del Dipartimento federale delle finanze: dal “suona ancora più forte il campanello di allarme sul futuro” del liberale Speziali al “serve al più presto un piano per tirare la cinghia” del leghista Guerra.
Forse vale la pena porsi due domande. Qualcuno crede che esista un’alternativa a questo massiccio intervento dello Stato? E poi: è davvero così “pericoloso” incrementare il livello del debito pubblico per fare fronte a questa profonda crisi economica, derivata dalla pandemia?
Le risposte a entrambi i quesiti si possono in parte trovare nei ‘segreti’ svelati dall’ex ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, che in una delle sue ultime pubblicazioni su ‘Project Syndicate’ parla di alcune verità sommerse venute a gala durante il 2020.
Secondo Varoufakis il virus ha dimostrato che i governi conservano un potere inesorabile. Un potere che avevano scelto di non esercitare in modo che i ‘vincitori’ della globalizzazione potessero esercitare il proprio. Ora però, condizionati dalle circostanze, i governi di tutto il mondo hanno attuato in tempi piuttosto celeri misure fino a poco fa inimmaginabili.
Quindi no, non c’è un’alternativa, a meno che non si vogliano conteggiare cifre molto più alte e drammatiche in termini di chiusure, fallimenti e disoccupazione (che in ultima istanza comporterebbero per lo Stato costi ancora maggiori sul medio e lungo periodo).
“Ma questo non giustifica il dover ipotecare il futuro”, obietterà il coro intimorito degli economisti ortodossi. Qui, di nuovo, Varoufakis è illuminante. “Un altro segreto svelato dalla pandemia è che la solvibilità è una decisione politica”, afferma il greco. Il debito pubblico, come ben sanno i governanti, non deve essere grande o piccolo, ma sostenibile. Di base il criterio della sostenibilità è dato dal rapporto tra il livello del debito e quello del prodotto interno lordo (in Svizzera a fine 2019 il debito pubblico ammontava a 96,9 miliardi, ovvero al 13,9 per cento del Pil, notevolmente sotto la ‘soglia di allarme’ del 60 per cento di Maastricht). Nella valutazione della sostenibilità del debito di una nazione entrano anche in considerazione equilibrio fiscale, bilancia commerciale e, fondamentalmente, la quantità di riserve a disposizione della Banca centrale.
In ogni caso tutti questi parametri non sono assoluti, pandemia insegna. Varoufakis cita l’esempio della ‘sua’ Grecia: a lungo pecora nera per i mercati finanziari, nell’ultimo anno ad Atene il rapporto debito/Pil è ancora peggiorato, ma oggi “non è più un problema” per il potere europeo, che l’ha dichiarata solvibile semplicemente perché in questo momento le preoccupazioni della politica comunitaria sono altre. E la Svizzera? Per quanto naturalmente ogni spesa vada gestita con prudenza, la Confederazione ha poco di cui preoccuparsi per quel che riguarda il suo livello d’indebitamento.
Ecco un ultimo segreto svelato: l’avversione al debito pubblico, qui e altrove, non riguarda fattori macroeconomici, ma questioni prettamente ideologiche.