Nomina procuratori, la claudicante procedura di rinnovo delle cariche nel mirino della commissione parlamentare. La cui risoluzione non risparmia neppure il pg
Questa procedura di rinnovo delle cariche in seno al Ministero pubblico è nata storta. E si è sviluppata peggio. Basti pensare al rifiuto iniziale del Consiglio della magistratura di trasmettere ai cinque procuratori dei quali ha preavvisato negativamente la rielezione, con pesanti valutazioni pure sul piano personale, gli atti su cui quelle valutazioni si sarebbero basate, minando così un diritto costituzionale, quello di essere sentito: c’è voluto il parere giuridico del già presidente del Tribunale federale Rouiller, interpellato dalla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, per ripristinare un’imprescindibile garanzia. Basti pensare anche alle audizioni non verbalizzate dei candidati davanti allo stesso Cdm, ad alcuni dati statistici che il citato Consiglio ha inserito nelle colonne sbagliate... Senza dimenticare gli inopportuni messaggi via WhatsApp del presidente del Tribunale penale cantonale Mauro Ermani al procuratore generale Andrea Pagani, che in questa istituzionalmente avvilente vicenda delle nomine suonavano come delle invasioni di campo, quelle della magistratura giudicante nel campo della magistratura inquirente (per l’indipendenza e l’autonomia degli organi giudiziari apparenza e sostanza si equivalgono). E poi i comunicati stampa diramati dal pg, per delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare nelle appropriate sedi. Tutto ciò è imbarazzante e preoccupante. “Abbiamo cercato di raddrizzare la situazione”: è una dichiarazione che non può e non deve lasciare indifferenti quella consegnata ieri ai giornalisti dal presidente della ‘Giustizia e diritti’.
Parole che il deputato Luca Pagani, avvocato di professione, ha pronunciato al termine della riunione che ha visto la maggioranza della commissione proporre al plenum del parlamento la nomina di tutti i pp uscenti, inclusi i cinque bocciati dal Cdm, che postulano un nuovo mandato. C’è chi paventa il ‘massacro’ nella sessione del Gran Consiglio che si aprirà il 14, tuttavia quella trovata dalla ‘Giustizia e diritti’ è forse l’unica soluzione per evitare ulteriori danni collaterali, per uscire dal tunnel in cui è stata infilata anzitutto dal Consiglio della magistratura. La commissione è però andata oltre. Raccogliendo l’auspicio anche di questo giornale, non si è limitata a elencare i papabili alla poltrona di pp. No, nero su bianco ha ripercorso le tappe di questa claudicante procedura di rinnovo delle cariche e spiegato i motivi per cui ha ‘ripescato’ i procuratori preavvisati negativamente dal Cdm (inesistenza, fra l'altro, di “elementi sufficientemente solidi”). Consiglio della magistratura sconfessato. La ‘Giustizia e diritti’ non ha dubbi: occorrono regole procedurali stabilite per legge. La risoluzione elaborata dalla commissione e sottoposta all’approvazione del Gran Consiglio è chiara: bisogna che il parlamento introduca correttivi. Il primo, riteniamo, dovrebbero essere le dimissioni degli attuali membri, togati e laici, del Consiglio della magistratura (tema sul quale l’assemblea dei magistrati dovrebbe interrogarsi). La proposta di risoluzione non risparmia neppure il procuratore generale in carica, quando lamenta “l’assenza” di “meccanismi” per un monitoraggio efficace dell’attività del Ministero pubblico e per la valutazione “dell’operato dei magistrati”. La ‘Giustizia e diritti’ chiede al parlamento di poter analizzare e suggerire rimedi normativi, con l’ausilio di esperti. Se non sollecita una Commissione parlamentare di inchiesta, poco ci manca.