Rinnovo cariche del Ministero pubblico, lunedì il Gran Consiglio procederà anche all’elezione del procuratore generale. Pagani unico candidato. Anatomia di un ruolo
È stata introdotta con l’unificazione delle Procure sotto e sopracenerina - ovvero con l’istituzione del Ministero pubblico “avente giurisdizione sull’intero territorio cantonale” - decisa una trentina di anni fa dal Gran Consiglio. Stiamo parlando della figura del procuratore generale. Il Ticino ha avuto sinora cinque pg. In ordine cronologico: Piergiorgio Mordasini (deceduto nel 1997), Luca Marcellini, Bruno Balestra, John Noseda e dal 1° luglio 2018 Andrea Pagani. Mordasini, area Ppd; Marcellini, area Plr; Balestra, area Ppd; Noseda, area Ps e Pagani, area Plr. Andrea Pagani, che si è candidato per un nuovo mandato decennale, quello che comincerà il prossimo 1° gennaio: è l’unico in corsa per la carica di procuratore generale, il magistrato che, recita fra l’altro la Legge cantonale sull’organizzazione giudiziaria, “dirige il Ministero pubblico e vigila sull’attività dei procuratori generali sostituti, dei procuratori pubblici capo e dei procuratori pubblici”. Nella seduta che si aprirà lunedì prossimo il parlamento ticinese sarà chiamato a rinnovare le cariche in seno al Ministero pubblico per il periodo 1°gennaio 2021/31 dicembre 2030. In altre parole a eleggere venti procuratori pubblici e un procuratore generale.
Stavolta però c’è molta attesa per l’esito delle due votazioni, e non solo nel Palazzo della politica e in quello della giustizia. C’è molta attesa nell’opinione pubblica anche e soprattutto per la tormentata e claudicante procedura, come sostenuto dalla maggioranza (di parere diverso il Plr) della commissione parlamentare ’Giustizia e diritti’, legata a questo rinnovo dei mandati. Una procedura contraddistinta dai preavvisi negativi del Consiglio della magistratura (Cdm) - preavvisi impietosi, tanto nei contenuti quanto nei toni, con giudizi anche sul piano personale - alla rielezione di ben cinque procuratori, dal rifiuto iniziale del Cdm medesimo a sottoporre ai cinque gli atti su cui si sarebbero fondati i suoi pareri, poi trasmessi (anche con dati statistici inseriti nelle colonne sbagliate...) in seguito al parere giuridico del presidente emerito del Tribunale federale Claude Rouiller, interpellato dalla ’Giustizia e diritti’. Ma una procedura contraddistinta anche dai messaggini ’istituzionali’ del presidente del Tribunale penale cantonale Mauro Ermani al pg Pagani, da quest’ultimo mostrati a colleghi procuratori. Senza dimenticare le puntualizzazioni dello stesso Pagani, tramite comunicato stampa anziché nelle sedi opportune, a proposito dei citati Whatsapp e della bocciatura da parte del Cdm di un quarto della squadra della Procura.
Per finire la ’Giustizia e diritti’ ha proposto al plenum del Gran Consiglio l’elezione dei diciannove pp uscenti (uno, Andrea Minesso, si è ritirato nei mesi scorsi), riabilitando quindi i cinque ("Non avendo riscontrato elementi sufficientemente solidi a sostegno di una non rielezione, vista in particolare l’assenza di precedenti avvertimenti formali o sanzioni disciplinari” a carico dei procuratori in questione, scrive la commissione parlamentare nel rapporto firmato lunedì 30 novembre), la nomina degli otto aspiranti procuratori ritenuti idonei dalla Commissione di esperti e la riconferma di Pagani, 50 anni, nel ruolo di pg. Pur essendo il solo candidato alla poltrona di procuratore generale, i novanta deputati dovranno comunque votare. L’elezione tacita non è possibile. La conferma di Pagani è scontata. Tuttavia, quanti voti otterrà? La risposta il 14 dicembre. E sarà un dato fondamentale per una figura istituzionale molto importante, un dato che permetterà di conoscere il grado di consenso e dunque di legittimazione politica di cui godrà il pg Andrea Pagani.
Facciamo un passo indietro. Erano da non molto passate le cinque del pomeriggio del 19 febbraio 2018 quando il presidente del Gran Consiglio dell’epoca Walter Gianora annunciò al plenum l’esito della seconda votazione, nella prima mancò la maggioranza assoluta, decretando il successore di John Noseda a capo del Ministero pubblico. Trentaquattro i voti raccolti dall’allora sostituto pg Andrea Pagani, appoggiato dal Plr, contro i 28 dell’altro sostituto pg e candidato del Ppd Antonio Perugini, i 23 dell’avvocato Emanuele Stauffer sostenuto da Ps e Verdi e i 2 andati al procuratore pubblico Moreno Capella. Una nomina, quella di Pagani, giunta al termine di un periplo composto di audizioni e assessment che hanno portato anche a nord delle Alpi.
Ma andiamo con ordine. E partiamo da mercoledì 31 maggio 2017, quando si chiuse il concorso per candidarsi alla successione di Noseda. Oltre a Pagani, Perugini, Stauffer e Capella figurava anche il nome del giudice supplente del Tribunale d’appello Brenno Martignoni Polti, poi ritiratosi. Ma nella lista finale suscitò sorpresa non vedere quello dell’avvocato Edy Salmina, dato per certo. Alla ‘Regione’, spiegando i motivi per cui aveva deciso di non candidarsi, sulle priorità del futuro pg Salmina disse che erano due: “Una è gestionale e organizzativa, l’altra comunicativa”. Sono passati poco più di due anni, si può dire che le priorità oggi non siano tanto diverse.
I quattro candidati a pg iniziano così il percorso di audizioni. In giugno la Commissione di esperti indipendenti procede con gli incontri. I preavvisi, formulati all’indirizzo dell’autorità di nomina, il Gran Consiglio, arrivano in ottobre: tutti idonei, ma Antonio Perugini - ancora è possibile usare questo tipo di preavviso - “particolarmente idoneo”. Preavvisi confezionati dopo aver aspettato però un ulteriore, probante test. Dopo essere stati decisi dall’Ufficio presidenziale (Up) del Gran Consiglio, senza suscitare un grosso entusiasmo in seno alla Commissione di esperti, gli assessment per testare i candidati - assessment affidati all’Istituto di psicologia applicata della Zhaw di Zurigo - danno un altro risultato: l’avvocato ed ex pp Emanuele Stauffer viene considerato il migliore. L’analisi della Zhaw costerà circa 30 mila franchi. Gianora la considera ”uno strumento di valutazione in più per la Commissione di esperti, cui spetta l’allestimento dei preavvisi al Gran Consiglio”: così dichiara l’11 dicembre 2017 alla ’Regione’.
Dei quattro candidati, l’Istituto di psicologia applicata zurighese valuta il futuro pg Andrea Pagani il peggiore. Tuttavia la scelta del parlamento cade su di lui. Da noi intervistato subito dopo la sua elezione (edizione 20 febbraio 2018, titolo: “Bisogna tornare a far squadra"), alla domanda se il giudizio della Zhaw avrebbe potuto indebolire la sua nomina, la risposta di Pagani è netta: “I periti della Zhaw hanno formulato nero su bianco commenti molto lusinghieri nei miei confronti: hanno scritto di uno spiccato senso della giustizia, di grande attaccamento al lavoro, di un’elevata sopportazione dello stress. Ciò che per contro secondo loro io non ho sono le doti del leader”. Giusto, sbagliato? - gli chiediamo. “Sbagliato. Ci vuole un leader al Ministero pubblico? Per me no. Perché ogni magistrato dell’ufficio è autonomo nella trattazione dell’inchiesta di cui è titolare. Il pg non può oggi, salvo errori manifesti, imporre una decisione diversa da quella che prenderebbe, con scienza e coscienza, il procuratore pubblico che si sta occupando di quell’incarto”. Due anni dopo, annotiamo, si è arrivati a cinque magistrati preavvisati negativamente alla rielezione dal Cdm, anche per il loro operato. Magistrati però ritenuti idonei dalla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’.
Ed eccoci alla vicenda istituzionalmente assai poco edificante dei pp ’bocciati’ dal Consiglio della magistratura. “Posso tuttavia anche condividere i preavvisi stessi nella sostanza, ognuno nella sua specificità. Per contro sono rimasto sorpreso dalla durezza formale degli stessi e dai termini utilizzati”, afferma Pagani in un comunicato stampa diramato il 5 ottobre 2020, il giorno dopo la nota alle redazioni in cui precisa di non aver “né suscitato né richiesto” i messaggi ricevuti dal giudice Ermani (a cominciare da quello dove il presidente del Tribunale penale cantonale, riferendosi all’audizione davanti alla Commissione di esperti di una vicecancelliera del Tpc aspirante procuratrice, scrive: “Pare sia andata bene. Se lascia il Tribunale penale, trattamela bene. Se no, ricomincio a parlare male di voi”, ossia del Ministero pubblico). Eppure i cinque procuratori pubblici preavvisati negativamente dal Cdm non sono stati oggetto di richiami formali o ammonimenti in passato. Provvedimenti che se del caso avrebbe dovuto adottare per primo proprio il procuratore generale Pagani, con eventuali segnalazioni al Consiglio della magistratura. E non risulta neppure che durante i colloqui con i pp interessati abbia sconsigliato loro di ricandidarsi.
Uno dei rebus che accompagnerà il nuovo Ministero pubblico è quello del suo potenziamento. Nell’edizione di venerdì 8 febbraio 2019 ‘Opinione liberale’ - il settimanale del Plr, cioè dell’area di appartenenza del procuratore generale in carica - pubblica un contributo di Pagani: il pg sollecita la politica ad approvare al più presto almeno l’assunzione di un procuratore straordinario da assegnare alla sezione di inquirenti dedita al perseguimento dei reati finanziari. Quello del potenziamento del Ministero pubblico è un tema ricorrente nell’agenda del procuratore generale. Eloquenti del resto i numeri. “Se dal 2011/2012 al 2018 i procedimenti aperti dal Ministero pubblico erano in media circa 11’500 all’anno, nel 2019 i nuovi incarti sono stati 12’900. L’altro dato saliente, e paradossale allo stesso tempo, è che il Ministero pubblico lo scorso anno ha aumentato la propria produttività”, dichiara Pagani intervistato dalla ‘Regione’ nel febbraio di quest’anno. “Una situazione molto preoccupante”, rincara il pg. Ma dalla politica - la cui attività, va detto, è rallentata dalla pandemia - ancora nessuna risposta concreta. Inizialmente si pensa di attribuire all’autorità giudiziaria appunto un procuratore straordinario, a tempo quindi determinato. A un certo punto il Dipartimento istituzioni suggerisce l’assegnazione di un pp ordinario: il relativo messaggio, tuttora pendente in commissione ‘Giustizia e diritti’, viene varato nel settembre 2019. Senonché qualche mese dopo i liberali radicali chiedono con un’iniziativa parlamentare quattro sostituti procuratori: soluzione condivisa anche da Pagani. Da nostre informazioni il Dipartimento sarebbe ora intenzionato a proporre due procuratori ordinari in più. Insomma, di tutto e di più. Fatto sta che il dossier potenziamento è tutt’altro che chiuso.
Ma l’attribuzione di rinforzi non è l’unico rimedio ai problemi del Ministero pubblico. Ne è convinta la ‘Giustizia e diritti’, che con la risoluzione sottoposta all’approvazione del plenum del Gran Consiglio “auspica” anche “l’introduzione di riforme a livello di Ministero pubblico, in particolare per un più efficace controllo interno”. Chiede pertanto di venir incaricata dal parlamento di stilare, con la facoltà di avvalersi della consulenza di “uno o più esperti” indipendenti, “concrete proposte di miglioramento, sia sul piano organizzativo sia su quello normativo”.
La risoluzione verrà discussa lunedì 14 in Gran Consiglio prima dell’elezione del procuratore generale e dei venti procuratori pubblici.