Commento

La cultura è un lavoro. Anche per il coronavirus

L’epidemia di Covid-19 impone la cancellazione di concerti e spettacoli. Dietro i quali ci sono professionisti spesso senza protezioni

6 marzo 2020
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Leggendo l’elenco di manifestazioni culturali annullate o rinviate a causa dell’epidemia di Covid-19, l’immagine che viene subito in mente è quella dell’orchestra del Titanic, eroicamente riunita sul ponte a suonare durante il naufragio. Metafora seducente ma no, il coronavirus giustamente preoccupa ma non sta ancora facendo affondare la società e sarebbe da irresponsabili, per chi organizza concerti o conferenze, non tenere conto nella giusta misura dei rischi per la salute pubblica. Certo è che le restrizioni colpiscono, più che la cultura in generale, quella dimensione sociale e aggregativa già messa a dura prova dalle nuove forme di fruizione culturale.

Insomma, a farne le spese sono cinema, teatri, sale da concerto, biblioteche, non certo i servizi di streaming. Non si potrebbe fare diversamente, e certo non si possono contestare queste misure con un “ma vuoi mettere un concerto in sala rispetto a uno su YouTube”. Semmai, si tratta di riflettere sull’importanza di questi momenti di aggregazione, e tornare a difenderli una volta passata l’emergenza. Rendendosi conto che difenderli vuole anche dire riconoscere la professionalità di chi scrive, compone, disegna, recita, canta, suona, danza, organizza, dirige, costruisce. E con “professionalità” non si intende solo la capacità e la bravura, ma il fatto apparentemente banale che è un lavoro e come tale va riconosciuto. E pagato. Uno spettacolo annullato significa, per queste persone, non solo ore di lavoro – ripetiamo: lavoro – preparatorio buttate al vento, ma anche mancati guadagni. In molti casi con poche o nessuna garanzia, dal momento che spesso si tratta di lavoratori autonomi e, date le condizioni eccezionali degli annullamenti, la questione indennizzi e risarcimenti per gli operatori culturali non è chiara.

Difficile valutare l’entità dei danni, al momento: ogni artista, ogni compagnia, ogni organizzazione è una storia a sé. Chi aveva in programma rappresentazioni o tournée è certamente il più colpito, artisticamente ed economicamente; chi invece è in fase di produzione può forse tirare un sospiro di sollievo, sempre che l’emergenza cessi a breve. In ogni caso, le conseguenze – a livello personale, economico e culturale – si faranno sentire. Alcune associazioni di categoria si stanno organizzando, chiedendo alla Confederazione una qualche forma di compensazione (ne diamo conto a pagina 17) per gli eventi annullati – un aiuto data la situazione eccezionale, come del resto sollecitato da altri settori professionali. Perché non siamo il Titanic: non solo perché non stiamo affondando, ma anche perché si spera che le scialuppe di salvataggio bastino per tutti – anche per chi fa della cultura un lavoro.