Una lettera aperta del Tasi (Teatri Associati della Scena Indipendente) chiede programmazioni più 'local', per salvare il salvabile. Le reazioni.
Al centro della scena, finora, c'è stato il nuovo coronavirus – ma è tempo che, come del resto sta accadendo con altre attività, anche il mondo del teatro riparta. Non è semplice: i mesi Lockdown si sono fatti sentire e le misure sanitarie rendono ancora incerto e difficile allestire e organizzare spettacoli. Da qui la richiesta puntuale di prolungare le misure di sostegno e, più in generale, una maggiore attenzione alle realtà artistiche locali. Come fa la lettera aperta dell'associazione Tasi (Teatri Associati della Scena Indipendente) che pubblichiamo in questa pagina, accompagnata dai punti di vista di chi il teatro lo fa, lo organizza o, come il Cantone, lo sostiene.
Miguel Angel Cienfuegos, Teatro Paravento: 'Non assistenzialismo, ma attitudine'
«La mini-rassegna di teatro e musica iniziata giovedì sera è stata per noi un modo per riappropriarci di parte di quanto abbiamo perso». Miguel Angel Cienfuegos, direttore artistico del Teatro Paravento di Locarno, benedice ‘Arte viva – estate dal vivo’ nell’inedita collocazione del giardino antistante il teatro. «C’è una comunità desiderosa di vivere ciò che ha vissuto sempre e questo fa piacere. È chiaro che le voci di una seconda ondata ci fanno lavorare un po’ sul vago». Nel post-lockdown, la forma giuridica del ‘Paravento’ ha messo al riparo dal peggio: «Gli aiuti per il lavoro ridotto, per le perdite di guadagno non possono certo coprire l’intera perdita ma sono, almeno, un aiuto. Diverso è per chi è totalmente indipendente. Per questo nella nostra mini-rassegna vogliamo collaborare con gli artisti che appartengono alla ‘casa’ Paravento, a questa famiglia allargata che va aiutata. In questo senso siamo in linea con il Tasi».
Aiuto che ha alcune specifiche: «È necessario che non si tratti di un’attenzione di tipo assistenzialistico, ma di una politica precisa che vada oltre il coronavirus, di uno sviluppo di una cultura sostenibile anche in futuro». Non un contentino, dunque, ma «un’attitudine». E «non si tratta di un ‘prima i nostri’, ma la garanzia di alternanza, convivenza, collaborazione». Benvenute le proposte dall’esterno, ma «come puoi sviluppare una politica culturale locale se sei messo da parte da iniziative ‘di passaggio’?». Tradotto: «Il Paravento collabora da sempre con compagnie italiane, francesi, ma è qualcosa che va e viene, che è diverso da qualcosa che ‘viene e viene’».
Gianfranco Helbling, Teatro Sociale: 'C'è ascolto, c'è disponibilità'
Direttore artistico del Teatro Sociale e membro dell’Unione dei teatri svizzeri, Gianfranco Helbling elenca i numeri. «La scorsa stagione, nella programmazione del Sociale, su 36 titoli di teatro e danza, 14 erano produzioni ticinesi delle quali 4 del Teatro Sociale, una di LuganoInScena e 9 produzioni indipendenti. Quest’anno, al momento attuale della programmazione non ancora chiusa, su 30 titoli confermati, 15 sono ticinesi, di cui 5 nostre produzioni, una di LuganoInScena e 9 produzioni indipendenti. Io credo che nell’insieme dell’offerta, il Teatro Sociale, e credo anche LuganoInScena che ha aperto molto alle produzioni in proprio e alle co-produzioni, rispondano alla richiesta del Tasi». A partire proprio dalle produzioni: «In generale, quelle dei teatri istituzionali aiutano la scena indipendente, perché danno occasione di lavoro, di crescita professionale, di continuità a professionisti del territorio. Se penso a una compagnia come Treppenwitz, che è forse la più interessante realtà della scena indipendente emersa negli ultimi quattro-cinque anni, credo sia così apprezzata perché i suoi componenti lavorano con regolarità sia per LuganoInScena che per il Teatro Sociale».
La voce di molti indipendenti racconta di una richiesta di 'integrazione' che arriva ben prima dell’emergenza sanitaria. Helbling risponde: «Credo che rispetto a dieci anni fa la situazione sia migliorata per le compagnie indipendenti in Ticino. C’è ascolto, c’è disponibilità. Poi ci sono limiti, finanziari, di richiesta del pubblico». E a chi sostiene che il cartellone ‘troppo ticinese’ allontani il pubblico: «Posso dire che al Sociale stiamo lavorando con professionisti ticinesi ai quali il pubblico comincia ad affezionarsi. Certo, è un lavoro da farsi nella continuità e nel tempo. Non credo nemmeno che il pubblico ticinese voglia vedere soltanto produzioni locali, anche perché il teatro deve essere apertura. Possiamo sì sopperire in parte a bisogni di routine nella creazione, nell’andare in scena, ma le occasioni di tournée dovrebbero essere al di fuori del Cantone. E poi ci sono limiti di spazio fisico. Io non posso mettere in scena qualsiasi spettacolo al Teatro Sociale». In tema di restrizioni, ci sono margini: «È vero, l’applicazione del solo distanziamento porta alla riduzione del 40% dei posti. Ma se tutti portano la mascherina si può avere un tasso d’occupazione pieno. Siccome al Sociale gli spazi sono già ridotti per tipologia di stabile, chiederemo al pubblico di indossare la mascherina durante lo spettacolo fino a che permane la regola del distanziamento».
Gli artisti: 'L'emergenza arriva da lontano'
«Tutto è fermo», spiega Diego Willy Corna (Concreta Teatro). Il suo ’Tutti dormono’, site specific performance da farsi a Mendrisio a giugno, è rimandato all’anno prossimo. «Le prove sono ferme, difficile organizzarle in estate. Confidiamo nel poterle riprendere in settembre, e di riprendere i corsi di teatro e le altre attività». Non si sente 'tutelato', Corna: «Non abbiamo visto grande attenzione. Capisco sia difficile pensare a tutti, però sarebbe ora avere più riguardo nei confronti delle produzioni ticinesi, di aiutarle a poter replicare nei teatri del cantone. Perché per quanto ci proviamo, andare all’estero è attualmente impensabile». Corna chiama al cambiamento: «I cartelloni locali dimostrano come le compagnie locali facciano fatica a entrarvi. Ci sono colleghi convinti del fatto che difficilmente si possono sostenere stagioni teatrali che includano troppe produzioni locali». Situazioni «un po’ spiacevoli, ma che «arrivano da lontano». Come «le accuse di non essere abbastanza professionali: se non possiamo replicare, ottenendo adeguato compenso, è impensabile diventare professionali al 100%. Il concetto è chiaro, ma non so se ci sia veramente la volontà di cambiare».
A Corna fa eco Cristina Castrillo (Teatro delle radici): «È evidente che per il teatro indipendente non ci sono molte soluzioni per risollevarsi. La richiesta del Tasi va nella direzione di sensibilizzare le strutture ufficiali del teatro, al di là di quel che il Cantone può fare per noi. Molte delle possibilità di guadagno per noi sono rappresentate dal poter portare i nostri spettacoli all’estero, e tutto questo per molti non esiste più. Nemmeno è possibile pianificarlo per il prossimo anno». Castrillo fa nomi e cognomi: «Il Teatro Foce da sempre apre agli indipendenti locali. Lo fa spesso anche il Sociale. Ci rivolgiamo invece al Teatro di Locarno, a quello di Chiasso. Abbiamo rassegne nel nostro cantone in cui il numero di spettacoli che vengono dall’Italia è altissimo». La richiesta: «Dateci la possibilità che il teatro indipendente abbia un nome, una programmazione. È una richiesta che la Tasi fa da prima del Covid-19. Riguarda anche una visibilità che abbiamo solo quando andiamo all’estero e non qui, dove spesso operiamo in sale piccole o poco attrezzate, e l'attenzione è tutta per i grandi teatri e le grandi produzioni. Mi rivolgo anche a voi della stampa. Dateci una mano, può essere importante».
Danzatrice, coreografa, ma anche direttrice artistica del Teatro San Materno di Ascona, Tiziana Arnaboldi conosce entrambe le dinamiche. «Posso dire di lavorare su tutti e due i fronti», commenta. «Come tutti, ho dovuto fronteggiare gli spettacoli annullati, sia quelli che mi riguardavano personalmente come artista, sia quelli legati alla programmazione del teatro che dirigo. Posso dire di conoscere bene il problema, e la mia programmazione estiva già include nomi della cultura svizzero-italiana». È necessario «trovare soluzioni. Penso anche che, essendo artisti, abbiamo più facilità di altri nel trovarle. Servono visioni per continuare le nostre attività, forti della nostra preparazione e in mezzo alle molte difficoltà».
Le difficoltà e le incertezze che, anche con l'allentamento delle disposizioni sanitarie, devono affrontare gli operatori culturali sono note al Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. E, ci conferma la direttrice della Divisione della cultura e degli studi universitari Raffaella Castagnola, saranno certamente affrontate. Come, è presto per dirlo: il sostegno al settore culturale colpito dall'emergenza sanitaria avviene infatti su più livelli, con le difficoltà di coordinamento che è facile immaginare. Abbiamo le indennità per perdita di guadagno, il lavoro ridotto, gli aiuti di Suisseculture Sociale. E l’ordinanza Covid Cultura «che scade il 30 settembre e di cui è in discussione, a livello federale, il prolungamento». L'ordinanza si divide in due parti: i prestiti e gli aiuti immediati alle imprese culturali. «Il Canton Ticino, come anche altri Cantoni, non ha ricevuto richieste di prestiti, ma solo aiuti immediati. Ad oggi sono state 155 richieste ma certamente saranno di più, visto che le misure restano come detto in vigore almeno fino al 30 settembre». Inoltre, come Decs «avevamo già avuto delle richieste di sostegno per eventi che poi non si sono tenuti e in questo caso abbiamo dato la possibilità di coprire le spese già sostenute o, in caso di rinvio, di sostenere la manifestazione quando si terrà».
Gli organizzatori di eventi rischiano di trovarsi con teatri e sale da concerto a capienza ridotta per le misura sanitarie. Come si potrebbe intervenire? «Si tratta di mancanza di guadagno, ma al momento è difficile dare una risposta perché non è ancora stato deciso quali saranno le misure in vigore da settembre, ma il tema è oggetto di discussione quasi quotidiana con i miei omologhi degli altri Cantoni e con la Confederazione». E misure come i buoni sconto introdotti per ristoranti e alberghi nel progetto “Vivi il tuo Ticino”? «Sono iniziative molto belle alle quali abbiamo pensato, ma sono anche molto onerose. Quello che abbiamo potuto fare è mantenere l'iniziativa “Cultura in movimento”, prevista per l'apertura del Ceneri e che non solo rimarrà nonostante il rinvio della nuova galleria ferroviaria ma verrà probabilmente replicato».
Raffaella Castagnola ed Emanuele Bertoli (Ti-Press)
Lettera aperta. Sostegno alle arti della scena indipendente locale
a firma Comitato TASI: Donia Sbika, Pilar Koller, Laura Cantù
Queste parole racchiudono la necessità di rendere nuovamente pubblica la difficile situazione che il Teatro indipendente del Canton Ticino sta vivendo, situazione che accomuna i tanti che nel loro mestiere hanno subito e subiscono le conseguenze dovute al coronavirus. Questa straordinaria situazione ha messo a nudo la precarietà di tanti artisti, che già esisteva prima della pandemia. La maggioranza dei professionisti del teatro ha dovuto rinunciare a gran parte della programmazione prevista per quest’anno, con l’aggravante di avere poche certezze anche per il futuro.
Vedere il proprio lavoro frantumato non radica solo nella difficoltà di presentare i propri spettacoli, tenendo conto dei mezzi assai ristretti per poterli produrre, ma anche nell’impossibilità di portare altrove le proprie produzioni, o di esercitare il lavoro di formazione o di ristabilire i contatti lavorativi che permettano il flusso e la continuità dei progetti. Questo vuol dire che tutta una struttura programmatica, già difficile da portare avanti in tempi normali, viene a mancare e con essa le risorse economiche che permettano una certa stabilità e continuità.
È nostro desiderio chiedere pubblicamente ai Teatri stabili del Cantone, come pure ai comuni e organizzatori di teatro in generale di aprire le loro iniziative alle produzioni ticinesi, come un modo di contribuire ad affrontare la difficile situazione. Da tempo, il TASI insiste su questi argomenti, al fine di poter dimostrare che in Ticino il Teatro esiste e di poter avere un palco più adatto e meglio attrezzato per le proprie produzioni disponendo nel contempo di una adeguata promozione pubblicitaria. Questo significherebbe anche un riconoscimento alla costante attività di artisti che hanno contribuito alla ricchezza e al consolidamento della nostra propria tradizione teatrale e a rendere l’arte scenica un bene comune necessario all’intera società.