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Il secondo Tsunami, una domenica da libri di storia!

Dopo l'onda verde del primo turno, al ballottaggio per gli Stati un voto che conferma la polarizzazione in atto da anni

Gli sconfitti (Ti-Press)
17 novembre 2019
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Dallo tsunami verde del primo turno alla seconda ondata che ha mandato a casa i due esponenti dei partiti storici (Filippo Lombardi e Giovanni Merlini) e promosso Marina Carobbio (Ps) e Marco Chiesa (Udc). È una domenica da libri di storia. Il centro implode, arriva la prima senatrice ticinese e l’Udc sbarca sulla luna della Camera alta. Un terremoto le cui scosse di assestamento si faranno sentire nel cantone alle comunali. Ma anche ai vertici di Plr e Ppd e nella relazione fra Udc e Lega. La prima stravince, la seconda si lecca le ferite.

Merlini e l’abbraccio mortale col Ppd

Ma cominciamo dal primo perdente il Plr: dopo una presenza ininterrotta alla camera alta dal 1848, l’aspirante senatore Giovanni Merlini non ce l’ha fatta. Aveva come slogan elettorale combatteremo. Ha perso sul campo di battaglia dopo un corpo a corpo impegnativo, visti i segnali di fumo che aveva già ricevuto dalle urne al termine del primo turno. Il suo Plr aveva infatti un potenziale di diverse migliaia di voti (circa 6 mila) che non gli erano giunti, preferenze mancanti soprattutto nei centri e in particolare nelle due città più radicali del Sopraceneri Bellinzona e la sua Locarno. Da subito con Bixio Caprara ha tentato di suonare la riscossa, facendo leva sull’orgoglio liberale (‘recatevi alle urne’), sull’alleanza col Ppd che era funzionata solo a senso unico il 20 di ottobre (quando i liberali radicali avevano salvato il secondo seggio del Ppd senza ricevere lo sperato sostegno per Merlini), e sull’elettorato di opinione. Ma, a conti fatti, tutto ciò non è servito a nulla. La base del Plrt non ha risposto presente e molto probabilmente l’abbraccio col Ppd si è rivelato per il Plr mortale, nel senso che ha scontentato alla grande una parte dei liberali di lungo corso, che piuttosto che ‘sporcare’ la loro scheda, o non sono andati a votare o hanno votato altri candidati.

Lombardi: saldati i conti

Un abbraccio mortale che – ecco la seconda notizia del giorno – ha spedito in panchina per finire (e ha del clamoroso) anche super Pippo Lombardi, influente capogruppo a Berna, e che tutti davano per riletto vendendo in anticipo la pelle dell’orso bernese. E invece per lui nessun biglietto per Palazzo. Come mai? Chi in casa Plr lo aveva sostenuto al primo turno, visto il mancato sostegno a Merlini, gli ha tolto il voto saldando i conti. Per Plr e Ppd si apre quindi anche una crisi ai vertici che avevano voluto fortissimanente l’alleanza di centro.

Chiesa il nuovo che avanza con più fame

Sul fronte dei vincenti spiccano Marina Carobbio e Marco Chiesa. Chiesa è il nuovo che avanza. È l’alleato della Lega che le fa dimenticare lo smacco subito il 20 ottobre con l’uscita di scena di Roberta Pantani. Gode di una simpatia e di una capacità comunicativa che lo ha fatto apparire diverso rispetto agli Udc spesso un po’ ‘arrabbiati’ e comunque elitari. Fra tutti è anche il volto nuovo e giovane capace di parlare con semplicità all’elettorato. Per ora l’Udc è andata a braccetto con la Lega, contenta di poter contare su un Udc ‘fratello minore’ che porta loro acqua. Ma ora l’Udc è in Senato, Ghiggia ha fatto flop e Chiesa occuperà per anni un posto che avrebbe potuto un domani occupare Norman Gobbi o qualche altro colonnello di via monte Boglia. La dinamica fra loro potrebbe non più essere la stessa. perché l’Udc ha più fame.

Carobbio: grazie anche al voto secco!

Accanto a Chiesa spicca ovviamente anche Marina Carobbio turbo. Ha beneficiato del mancato appoggio Plr al senatore uscente del Ppd. Ma non solo. La prima (tenace e gran lavoratrice) cittadina svizzera, stavolta, è stata sospinta anche dall’avanzata dei Verdi, dallo scontento in casa Plr e dall’effetto donna che rendevano effettivamente possibile una sua elezione. Così molti hanno optato per un voto secco a lei, senza operazioni di soccorso fuori lista, in particolare a Merlini. Letto dall’alto, il voto ticinese conferma la polarizzazione da anni in atto. Anche se ogni elezione ha i suoi nomi, i suoi volti e il loro stile (comunicativo). E questa volta le persone e il loro stile (comunicativo) hanno pesato molto.