Non un ministro che fin qui si smarchi: i venti che riprendono a spirare in più paesi non permettono tentennamenti!
Torna alla ribalta della cronaca la vicenda della promozione a sergente maggiore dell’agente di polizia condannato per istigazione razziale con la pubblicazione su Facebook di frasi e immagini in salsa neonazista. Ieri se ne sono occupati due comunicati stampa la cui lettura è molto istruttiva. Il primo, firmato dal capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi; il secondo redatto dalla Federazione svizzera delle comunità israelitiche (Fsci) che aveva condannato duramente la nomina ticinese. Al di là delle frasi di circostanza sulla franca discussione fra ministro e comunità, anche dopo il faccia a faccia le valutazioni restano diametralmente opposte.
Per Gobbi la procedura seguita è conforme alla legge. Per la Fsci, invece, “non è stato possibile raggiungere un’opinione condivisa sull’idoneità della persona alla professione, né sulle circostanze della sua promozione”. Questo perché, secondo la Federazione (opinione che condividiamo in toto), l’avanzamento di grado, a causa della precedente condanna per esternazioni razziste e iscritta nel casellario giudiziario, non avrebbe dovuto aver luogo. Nonostante ciò, la permanenza di un tale agente in polizia – prosegue la Fsci – “rimane un fatto molto preoccupante e inquietante”. A maggior ragione (aggiungiamo noi) visto che l’intero Consiglio di Stato ha benedetto la proposta di Gobbi e del comando di polizia.
Ora chiediamoci: che valore hanno dotte enunciazioni di principio, se poi fanno a pugni coi fatti? Ci spieghiamo: il ministro Gobbi nel comunicato scrive che “dipartimento e polizia confermano la piena condanna di ogni forma di discriminazione razziale e di ideologia radicale, sottolineando come non si intenda tollerare eventuali comportamenti inadeguati da parte degli agenti. Chi di loro dovesse violare tale principio sarà sanzionato”. Parole sacrosante, ma che sanciscono a ben guardare un impegno solo a metà. Ossia sino al momento della sanzione penale/amministrativa. Poi, passato il periodo di attesa (un paio d’anni?), il tutto può cadere nel dimenticatoio e l’agente venire promosso.
Come non vedere che, seguendo l’amnesia di tale logica, si mandano in frantumi i principi messi in vetrina. Politici accorti e coscienti di cosa significano certe derive, dovrebbero battersi come leoni affinché le manifestazioni di razzismo, tanto più se sanzionate penalmente, si traducano automaticamente in un motivo di esclusione dalla polizia. E non solo da quella! E invece… E invece non un ministro che fin qui si smarchi. Cari politici, i venti che riprendono a spirare in più Paesi d’Europa non permettono tentennamenti. Abbiamo bisogno di chiari e inequivocabili messaggi dalle istituzioni. Anche nel nostro piccolo Ticino.