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Due ansiolitici introvabili in Ticino e sono i più usati

Farmacie senza Temesta, Lexotanil e alcune Xanax. Pazienti, case anziani in difficoltà. Ecco perché mancano: costano e rendono poco, calano i fornitori

(Depositphotos)
12 ottobre 2023
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‘L’abbiamo terminato. È da mesi che non arriva più. Forse è fuori produzione!’ ci sentiamo dire in varie farmacie del Cantone, cercando una confezione di Temesta. Peregrinare da una farmacia all’altra serve a poco. Impossibile trovare l’ansiolitico in Ticino, ma anche nel resto della Svizzera. Eppure ne fanno uso migliaia di anziani per dormire o placare attacchi di panico. Non va meglio con un'altra benzodiazepina, il Lexotanil. Uno scenario inimmaginabile fino a qualche anno fa sta diventando sempre più frequente nel Paese della farmaceutica, dei colossi Roche e Novartis. Essendo i ticinesi campioni nazionali di consumo di benzodiazepine (lo mostrano i dati 2021 dell'Osservatorio della salute) l'astinenza forzata sta togliendo il sonno a molti. La conferma arriva dal dottor Luca Milesi, membro del comitato di Pharmasuisse, consulente anche per il gruppo ospedaliero S. Anna e Ars Medica. «È un grosso problema perché in Ticino si fa un largo uso di Temesta. La domanda è alta, ma non lo si trova in nessuna farmacia. Forse arriverà ad aprile. Molti pazienti sono stati dirottati sul Lexotanil, e ora manca pure quello». Sono stupefacenti di livello B, ottimi farmaci contro ansia e insonnia. «Devono essere prescritti da un medico e ogni farmacia deve registrare ogni uscita. Se il farmacista cantonale lo richiede dobbiamo fornire tutte le ricette».


Il dottor Milesi: ‘Forse Temesta disponibile di nuovo ad aprile’

Cerchiamo di capire dove sta il problema: ne consumiamo troppi e abbiamo dato fondo alle riserve? O c’è un problema di produzione? «Vuoi per i ritmi di vita aumentati, vuoi per cultura, vuoi per un certo ricorso forse facile all’ansiolitico, in Ticino il consumo di questi farmaci è effettivamente elevato e oltre la media nazionale. Ma il problema non sta qui». Per il farmacista stiamo pagando il prezzo di scelte economiche passate di chi ha perseguito solo la logica del prezzo più basso, delocalizzando la produzione. Al centro, dunque il prezzo: più è basso, meno è interessante la produzione, di conseguenza per alcuni farmaci restano solo pochi fornitori. Il dottor Milesi fa due conti. «All’uscita dalla fabbrica la pastiglia di Temesta da 1 milligrammo (confezione da 20 pezzi) costa 3 franchi, il Lexotanil da 1,5 milligrammi (confezione da 30 pezzi) è sui 2,22 franchi. Quarant’anni fa costavano molto di più». Questi farmaci seppur molto richiesti, alle ditte farmaceutiche rendono poco o nulla e dunque non vale la pena produrli. «Inoltre sono potenzialmente critici. Un'azienda potrebbe rischiare una causa ad esempio per un incidente fatto da un conducente sotto l’influsso di benzodiazepine».

In Italia si trova il corrispondente del Temesta, ma i farmacisti ticinesi non possono importarlo facilmente perché è uno stupefacente. Non sempre comunque si trova un degno sostituto. «Il Temesta sublinguale è efficace per smorzare gli attacchi di panico e per facilitare il sonno agli anziani. Ci sono alternative ma non altrettanto valide. Per diverse case anziani è un bel problema». Non è forse un'occasione per trovare altre vie che creano meno dipendenza… «a essere ottimisti, si può pensarla così. Di fatto diversi clienti vanno in crisi, c’è chi prendeva da anni il Temesta tutte le sere per rilassarsi e dormire. Noi possiamo solo metterli in lista d’attesa».

Lo psichiatra

Superare l'angoscia di non farcela senza la pastiglia

«Oltre a Temesta e Lexotanil, anche Xanax non sempre è disponibile. Questo pone un problema serio proprio ora che la rabbia sociale e l’ansia vengono alimentate da continui rincari, l’ultimo dei premi di cassa malati», commenta lo psichiatra Michele Mattia. È come soffiare sul fuoco senza avere i pompieri. Molti pazienti sono disorientati. Si cerca di trovare un cugino della Temesta, ma non sempre il paziente si trova bene: «Chi è abituato regolarmente a prendere fino a 4 Temesta al giorno, fatica a farne a meno. C’è l'angoscia di non farcela senza la pastiglia. C’è il rituale, l’abitudine alla pillola, alla scatola, che funziona. C’è la tendenza generale a voler anestetizzare le emozioni, la difficoltà a tollerare ansia e dolore. Modificare la cura è sempre molto delicato e va fatto con molta calma», precisa lo psicoterapeuta, specializzato in disturbi d’ansia. Di pazienti in queste condizioni ne ha parecchi. «Altri farmaci sostitutivi hanno effetti simili ma meno immediati e il paziente fatica ad abituarsi», spiega.


Il dottor Mattia: ‘Modificare la cura è sempre delicato’

C’è anche una dinamica di rifiuto, nota come effetto nocebo, che si attiva in alcuni pazienti. «Si crea un legame col nome del farmaco. Sostituirlo può attivare un circuito autoindotto inconscio: se non prendo il mio farmaco, non farà effetto». C’è comunque una certa facilità a ricorrere all'ansiolitico in Ticino che brilla in Svizzera per consumo di benzodiazepine. «Forse questa situazione aiuterà ad analizzare a fondo il reale bisogno di ricorrere a questi farmaci». Anche i giovani ne fanno parecchio uso o abuso. «A dire il vero un po’ tutte le generazioni. Nei grandi anziani, cambiando farmaco, occorre valutare il rischio di cadute e di rallentamento cognitivo. Mentre i giovani, col Temesta, ricercano l’anestesia sensoriale rischiando anche di scivolare nella dipendenza». Anestesia sensoriale che non è solo prerogativa dei giovanissimi. «Anche guardarsi 6,7 serie televisive di fila è un modo per anestetizzare il cervello, perché attiviamo sempre meno il pensiero e ci facciamo trascinare da quella che i sociologi chiamano la dittatura dell’intrattenimento». Non essendoci più l’ansiolitico preferito la scommessa potrebbe diventare come sviluppare un'autonomia maggiore, passando indenni attraverso le violente mareggiate della vita o adeguando il frenetico ritmo esterno a quello interno.

I farmacisti

Da un'emergenza all'altra, ora tocca all'anticoagulante

A inizio anno le autorità elvetiche hanno definito la situazione “problematica”. Per cercare di rimediare quanto più rapidamente possibile a questa penuria è stata istituita una task force (ora sciolta), guidata dall’approvvigionamento economico del Paese (Aep), che interviene in modo solidale quando l’economia non è più in grado di svolgere il suo ruolo. Tra le raccomandazioni anche l’invito a sbloccare le scorte obbligatorie di alcuni farmaci essenziali e anche i principi attivi mancanti. Diversi i provvedimenti presi: ad esempio, sollecitare i medici a prescrivere con estrema ponderazione gli antibiotici o dispensare quantità sfuse di quei farmaci che scarseggiano. Molti antibiotici prescritti in Ticino – farmaci a basso costo – non sono più prodotti in Europa, perché non rende. Basta un intoppo in Asia (come una pandemia) e siamo senza medicamenti. Un’opzione è ipotizzare un ritorno di parte della produzione in Europa. «Non di tutti i principi attivi, ma aiuterebbe avere una parte di produzione locale (che implica però tempi lunghi), una parte di approvvigionamento distribuito su più continenti, maggiori scorte, una filiera meno complessa e la capacità di confezionare in Svizzera». Su tema il deputato Plrt Alessandro Speziali ha fatto lo scorso marzo un’interrogazione (per ora inevasa) chiedendo tra l'altro al Governo come intende gestire la penuria di farmaci.

Con gli sciroppi antibiotici per bambini non va meglio

Ora la nuova emergenza riguarda un anticoagulante (si chiama Marcumar) usato soprattutto in Svizzera tedesca da chi ha le protesi cardiache. «Costa 10 centesimi al giorno. Al momento manca. Viene sostituito con un preparato più moderno, che costa 2 franchi al giorno». Altro esempio la pediatria: gli sciroppi antibiotici sono diventati merce rara. Come il Bactrim per le cistiti nei bambini: «Da 19 franchi, negli anni, è sceso a 3 franchi. Troppo economico e la produzione è cessata. Abbiamo dovuto pregare una ditta di generici di produrlo perché non avevamo più un antibiotico per la cistite dei bambini». Il punto è che si stanno perdendo ottimi medicamenti economici. La produzione indigena, scelta da alcuni nosocomi, non sembra essere una via percorribile per tutto e per tutti: «È molto costoso per un ospedale produrre da sé perché le regole di Swissmedic sono sempre più severe e impongono di avere personale altamente qualificato. Lo facciamo, in caso di emergenza, ma solo se troviamo la materia prima, ossia il principio attivo».

Al riguardo Usa ed Europa sono leader mondiali nella scoperta e sviluppo di farmaci, ma non nella produzione dei principi attivi, che per il 70% è stata delocalizzata in Paesi – soprattutto India e Cina – dove la manodopera è meno cara e ci sono più capacità produttive. «Una catena di produzione molto frammentata e delocalizzata pone molti rischi. La produzione non deve avvenire troppo lontano. Altri Paesi si stanno già muovendo», conclude il dottor Milesi.

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