Situazione tesa in ospedali e cliniche per medicamenti che mancano sul mercato. Soprattutto in pediatria. Riportare parte della produzione in Svizzera?
Pellegrinare da una farmacia all’altra per trovare l’antidolorifico o l’antibiotico prescritto dal medico e non trovarlo. Da un giorno all’altro, malati cronici restano senza le abituali medicine. Uno scenario inimmaginabile fino a qualche anno fa, sta diventando sempre più frequente nel paese della farmaceutica, dei colossi Roche e Novartis. ‘L’abbiamo terminato. Per ora è fuori produzione. Non arriva più!’, ci sentiamo rispondere sempre più spesso in farmacia. In Svizzera scarseggiano i medicamenti, dalla morfina agli antibiotici, per non parlare dei farmaci per i bambini. E va sempre peggio. Ad aprile, mancavano quasi 1'000 preparazioni di farmaci da prescrizione, mentre nel maggio scorso le preparazioni mancanti erano circa 450 (stando a drugstore.ch dal farmacista svizzero Enea Martinelli). A inizio marzo, 140 medicinali hanno subito ritardi nella consegna, sono andati esauriti per un periodo indeterminato o sono stati ritirati dal mercato, erano 48 nel 2017 (secondo l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese, Ufae).
Diversi i provvedimenti presi, come ad esempio sollecitare i medici a prescrivere con estrema ponderazione gli antibiotici o dispensare quantità sfuse di quei farmaci che scarseggiano. È quello che sta succedendo, da qualche settimana, con alcuni preparati a base di morfina, una scatola può venir suddivisa su più pazienti. A causa delle difficoltà di approvvigionamento, la Confederazione ha deciso di autorizzarne la distribuzione in quantità frazionate per un periodo limitato. Succede anche con comuni antibiotici. Alcuni farmaci mancanti si possono sostituire, almeno un centinaio sono invece vitali e non sostituibili.
Ospedali, cliniche, farmacie fanno ogni giorno i salti mortali e devono adattarsi a una situazione globale che non ha una soluzione a corto termine. All’ospedale universitario Chuv di Losanna mancano 150 dei 2’500 farmaci in magazzino. Il capo farmacista Pierre Voirol ai microfoni della RTS qualche giorno fa ha parlato di una situazione estremamente tesa. «Alcuni dei farmaci che otteniamo sono presi dalle scorte di riserva obbligatorie richieste dalla Confederazione... Non siamo mai sicuri di cosa succederà il giorno dopo».
Non va meglio negli ospedali dell’Eoc: «La situazione rimane difficile e fatichiamo a trovare alcuni medicamenti, soprattutto quelli a basso costo, come alcuni antibiotici e antinfiammatori. Meno problematico invece è reperire i medicamenti biologici usati anche per terapie oncologiche», ci spiega il prof Alessandro Ceschi, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di Scienze Farmacologiche della Svizzera Italiana.
Anche la caposervizio farmacia del gruppo ospedaliero Moncucco si dedica settimanalmente a cercare soluzioni per i medicamenti mancanti: «La situazione è critica ed è peggiorata negli ultimi anni. Trenta medicamenti che usavamo non sono disponibili. Per ciascuno dobbiamo trovare alternative, cambiando fornitore, confezionamento, o cercandolo, in via eccezionale, all'estero. Per fortuna fino ad ora non abbiamo mai dovuto negare una cura ad un paziente», spiega Lisa Ambrosetti. Due volte a settimana, il servizio comanda i medicamenti necessari. «Ogni volta che arriva la merce manca qualche farmaco. A volte lo sappiamo prima, a volte lo scopriamo alla consegna. Cerchiamo di avere scorte ma non sempre è possibile», puntualizza la professionista.
«Non avrei mai pensato di vedere in Svizzera una tale penuria di medicamenti. Abbiamo grossi problemi con gli antibiotici, per una decina dobbiamo dare ai pazienti le compresse contate», ci spiega il dottor Luca Milesi, consulente anche per il gruppo ospedaliero S. Anna e Ars Medica. Nei nosocomi non va meglio: «Sono più difficili da reperire anche alcuni derivati morfinici usati per dolori cronici molto forti. Significa dover cambiare sostanza attiva per un paziente sofferente, ma stabilizzato, che aveva trovato la giusta cura». Anche in sala operatoria possono mancare farmaci di routine: «Abbiamo avuto penuria di anestetici e anche altri preparati usati durante le operazioni. Spesso dobbiamo ricorrere ad altre sostanze, cambiare protocolli operatori, discutere con gli anestesisti, cercare farmaci all’estero, ma spesso gli altri Paesi sono nella stessa situazione», precisa il farmacista che è membro del comitato di Pharmasuisse, la società svizzera dei farmacisti e si occupa anche di formazione. La sua è una visione a 360 gradi. «Il grosso problema è la pediatria, mancano gli sciroppi antibiotici, mancano molti farmaci».
Infatti le associazioni dei pediatri in Svizzera, Germania, Austria, Francia e Italia hanno lanciato l’allarme. Chiedono ai ministri della sanità di rimediare “rapidamente, in modo sostenibile e affidabile» alla carenza di medicamenti. Un problema cui sono confrontati quotidianamente i professionisti dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana dell’Ente ospedaliero cantonale, come ci spiega il vice primario Pierluigi Brazzola: «Fatichiamo parecchio a reperire alcuni antidolorifici e antibiotici in sciroppo. La situazione va peggiorando, negli ultimi due mesi è una lotta quasi quotidiana. In ospedale, prima di prescrivere un antibiotico, si deve trovare se e in quale farmacia è disponibile e inviare i genitori a colpo sicuro. Oppure cambiare prescrizione con tutti i rischi del caso. Ovviamente nel fine settimana, con la farmacia di turno, è una lotteria», precisa il medico. Il problema in pediatria è che gli sciroppi sono diventata merce rara e non tutti gli antibiotici si possono tritare. «Alcuni scarseggiano anche in pastiglie. Quando ci sono, i genitori devono dosarle in modo corretto. Oppure dobbiamo cercare alternative, anche se efficacia e tollerabilità potrebbe non essere uguale», puntualizza.
Come medico, come genitore, sei solo disarmato davanti a questa disarmante carenza di medicinali vitali per una buona pediatria di base. Un problema europeo che ha diverse cause e chiama in causa la politica per soluzioni veloci. Produrre e commercializzare farmaci per bambini non è attrattivo poiché poco redditizio: «In pediatria lavoriamo con farmaci datati e non costosi, la Svizzera non li produce più. Siamo completamente dipendenti dall’estero, dai Paesi asiatici, dove i costi di produzione sono bassi. Significa che in caso di problemi di fornitura mancano infrastrutture per avere rapidamente una produzione indigena», precisa il dottor Brazzola.
Altro problema: la limitata varietà di medicamenti in pediatria: «Ci sono pochi studi clinici pediatrici». Bambini e adolescenti hanno bisogno di pochi farmaci, relativamente economici, che non sono necessariamente intercambiabili coi medicinali per adulti. Non si può semplicemente adattare un farmaco per adulti ad un bebè, che necessita di dosaggi e formulazioni diverse, come sciroppo, gocce o supposte. «Le carenze implicano che i trattamenti non possano più essere effettuati secondo le direttive terapeutiche più adatte ai bambini», precisa il vice primario.
Questa situazione, secondo il vice primario, ci aiuta però a renderci ulteriormente conto, di quanto questa categoria di farmaci sia essenziale, e in passato forse un po’ banalizzato nell’utilizzo: «Le difficoltà attuali ci spingono a dover valutare ancora più attentamente quando e come impiegare gli antibiotici», conclude.
A febbraio le autorità elvetiche hanno definito la situazione “problematica”. Per cercare di rimediare quanto più rapidamente possibile a questa penuria è stata istituita una task force (ora sciolta), guidata dall'approvvigionamento economico del Paese (AEP), che interviene in modo solidale quando l'economia non è più in grado di svolgere il suo ruolo. Tra le raccomandazioni anche l’invito a sbloccare le scorte obbligatorie di alcuni farmaci essenziali e anche i principi attivi mancanti.
Di mese in mese, la preoccupazione resta alta per un problema sistemico che non sparirà da solo. Stiamo pagando il prezzo di scelte economiche passate di chi ha perseguito solo la logica del prezzo più basso. «USA ed Europa sono leader mondiali nella scoperta e sviluppo di farmaci, ma non nella produzione dei principi attivi, che per il 70% è stata delocalizzata in Paesi - soprattutto India e Cina - dove la manodopera è meno cara e ci sono più capacità produttive», ci spiega il dottor Luca Milesi, membro del comitato di Pharmasuisse. Una catena di produzione molto frammentata e delocalizzata pone molti rischi. Molti antibiotici prescritti in Ticino - farmaci a basso costo - non sono più prodotti in Europa, perché non rende. Basta un intoppo in Asia (come una pandemia) e siamo senza medicamenti. Un'opzione è ipotizzare un ritorno di parte della produzione in Europa. «Non di tutti i principi attivi, ma aiuterebbe avere una parte di produzione locale (che implica però tempi lunghi), una parte di approvvigionamento distribuito su più continenti, maggiori scorte, una filiera meno complessa e la capacità di confezionare in Svizzera». Altro problema è avere una panoramica chiara e sistematica dei farmaci che mancano, essenziali e non, così da pianificare e prevedere una eventuale crescita improvvisa della domanda. In Svizzera, i Cantoni sono responsabili di procurare i farmaci, mentre l’UFAE monitora e immagazzina scorte di beni essenziali. «Per identificare le difficoltà nella catena dell’approvvigionamento ci vuole trasparenza anche su dove viene fabbricato un prodotto, su quanti fornitori sono coinvolti nel processo. Gioverebbe avere liste comuni in Europa e sapere subito quando c’è penuria di un farmaco, così da porre razionamenti per evitare che qualche Stato si accaparri tutto, come è successo in passato». Poi c’è il prezzo. Più è basso, meno il mercato è interessante agli occhi dei fabbricanti, e così per alcuni farmaci restano solo pochi fornitori.
La situazione è destinata a peggiorare se non si affrontano i problemi di fondo. «La produzione non deve avvenire troppo lontano. Altri Paesi si stanno già muovendo, mentre in Svizzera stiamo ancora discutendo se la penuria di farmaci sia un problema o meno…», conclude il dottor Milesi.