Se ne fossimo convinti, contribuirebbe a renderci più facile l’esistenza e varrebbe proprio la pena di ampliarla. Potersi vantare di essere quello che si è, significa aver capito che la stima di sé stessi è un requisito essenziale per vivere bene nella propria pelle, offrendoci anche l’occasione per conoscersi meglio ed essere più consapevoli dei propri limiti e delle reali potenzialità.
È evidente che l’attuale periodo storico, in cui la violenza regna sovrana, non ci aiuti ad incrementare l’autostima, impegnati come siamo a far fronte alle tante problematiche che affliggono la nostra società.
Ma è comunque un valore indispensabile per svolgere, con massimo impegno e dedizione, mansioni e ruoli che ci fossero affidati, senza trarne un vanto personale, né sembrare narcisisti o altro, ma solo riuscire a meritarsi rispetto ed attenzione da parte altrui.
Non dovrebbe essere motivo di forzature ideologiche o di inopportune invasioni di campo in un contesto dialettico e relazionale. Una “sana” autostima tenderebbe ad estraniarsi da forme autocelebrative di sé stessa preferendo esprimersi in semplicità ed umiltà: un grande valore per chi la detiene. Naturalmente essa deve corrispondere al livello evolutivo della propria coscienza, secondo il concetto meritocratico per cui ognuno può vantare l’autostima che si merita. Inoltre, anche una solida autostima non parrebbe necessariamente essere connessa o dipendente da conoscenze culturali particolari, titoli accademici o quant’altro, ma sarebbe alla portata di tutti e più facilmente acquisibile, penso, per soggetti spiritualmente evoluti. Quando l’autostima purtroppo latita, grande è il rischio di svalutarsi, di sentirsi inutili, di pensare in negativo, mettendo in discussione anche la voglia di essere ancora protagonisti.