A Lugano c’è un palazzo dei congressi: è stato costruito nel 1975 sacrificando un monumento storico. Eppure, si vuole costruirne uno nuovo al Campo Marzio, distante circa 300 metri. L'idea non è propriamente nuova; è ritornata recentemente in Consiglio comunale ma circola ormai da una ventina d’anni ed ha già avuto un iter pianificatorio imponente, non proprio a costo zero per il contribuente. Nel frattempo è stato costruito il LAC (quasi 1’000 posti solo la sala principale), la pandemia ha favorito nuove modalità nello svolgimento dei convegni, e l’apertura della galleria del Ceneri ha creato la “città-Ticino”, obbligando a ragionare a scala più ampia, anche per la pianificazione dei congressi. Ci si può quindi legittimamente domandare se – dopo vent’anni di fallimenti – non sia il caso di riconsiderare la questione, prevedendo di continuare ad utilizzare l’infrastruttura esistente, adeguandola anche in modo creativo a nuove necessità: lo spazio per un eventuale ampliamento c’è e – come per lo stabile RSI a Besso – si dovrebbe potere integrare il nuovo con l’esistente. Molto meglio che sacrificare l’ampia superficie che Lugano possiede nella zona di Campo Marzio (una delle poche aree pregiate ancora di proprietà della città), la quale merita un destino migliore, rispetto alla solita cessione parziale ai privati per scopi puramente commerciali che si prospetta con l’operazione “Polo turistico congressuale”; va certamente pianificata (ora è poco decorosa), ma preservandola ad uso della collettività.