In seguito agli attacchi dei miliziani di Hamas al cuore della nazione israeliana, abbiamo assistito a un coro di leader occidentali (in primis gli Stati Uniti) che manifestano apertamente la loro vicinanza allo Stato d’Israele e al suo imprescindibile diritto a difendersi con ogni mezzo.
Sgombrando il campo da ogni dubbio, ritengo quanto ordito dall’ala militare di Hamas un’azione di una violenza inqualificabile e, come tale, va condannata senza mezzi termini.
Tuttavia quanto avvenuto in un secondo tempo, mediante la rappresaglia dell’esercito con la stella di Davide ai danni soprattutto della popolazione palestinese, segregata nella minuscola striscia di Gaza e sottoposta da decenni a vessazioni da parte dei vari governi israeliani, va pure ritenuto un atto di una violenza efferata, ingiustificabile e, sì, criminale.
Pertanto, a rigor di logica, bisognerebbe dunque biasimare anche il governo israeliano per queste azioni che hanno preso di mira edifici pubblici, ospedali e abitazioni, causando a tutt’oggi oltre 10’000 vittime civili, privando altresì gli abitanti di Gaza delle forniture di acqua potabile, energia elettrica, viveri e medicinali.
Dubito inoltre fortemente che quanto intrapreso da Israele, al fine di “portare a termine il lavoro", serva a creare le basi per una convivenza pacifica tra i due popoli e sono dell’avviso che questa violenza gratuita, perpetrata in buona parte ai danni di civili inermi, porterà solo a un acuirsi dell’odio e della sete di vendetta nei confronti dello Stato ebraico.
In conclusione, l’aspetto tragico di questa vicenda risiede nel fatto che, come in qualsiasi altro dei 47 conflitti attualmente recensiti nel mondo, sono sempre e solo le popolazioni a soffrirne il peso, con indicibili sofferenze, devastazioni e privazioni.