Intervista al presidente dell'Associazione Svizzera Israele in Ticino Adrian Weiss che ci parla delle tensioni storiche fra ebrei e palestinesi
Adrian Weiss è il presidente dell’Associazione Svizzera Israele in Ticino. Negli occhi lucidi ha ancora i video che con violenza e brutalità sono stati postati sui social dai sostenitori di Hamas. Bambini impauriti, una giovane ragazza con i vestiti rossi di sangue presa in ostaggio e le armi, tante, mostrate quali assurdi trofei. Le parole sono rotte dall’emozione, in un momento particolarmente doloroso per la sua comunità e per quanti vivono, o vorrebbero vivere, in quella striscia di terra, Gaza, in modo pacifico, come i palestinesi più moderati, e invece da decenni sono martoriati da tensioni e conflitti.
Con quale animo ha appreso sabato dell’attacco di Hamas a Israele?
Le rispondo con un’immagine. Un bambino di 8 anni e una bambina di 6 sono rimasti nascosti in un armadio per 13 ore mentre in cucina giacevano morti i genitori e la sorellina in fasce. Ti manca l’aria, ti manca l’ossigeno e in queste giornate apocalittiche vorresti solo urlare, dire che non è vero. Che è solo un incubo e tra poco ti sveglierai. Questa è la verità del momento.
Nelle ultime settimane avevate sentore di pericoli o insicurezze relativi al popolo ebraico?
La vicinanza con le diverse realtà ha sempre pesato, ma io ho sempre sperato che con buona volontà alla fine si sarebbe arrivati a un equilibrio e una convivenza in pace. La posizione dello Stato di Israele, democrazia di tipo occidentale, che ha intorno nazioni con forme diverse di governo, lo porta a convivere con la necessità di confrontarsi costantemente con fondamentalisti e idealisti di ogni tipo. Certo, dopo aver visto la brutalità omicida e la barbarie di Hamas verso civili inermi, con l’unica colpa di essere ebrei, il rapimento di centinaia di persone prelevate con violenza dalle loro case, la violenza verso le donne, l’uccisione a bruciapelo e a mani nude di persone inermi, vedo allontanarsi questa speranza e sono preoccupato delle difficoltà ancora da affrontare prima di arrivare a convivere serenamente.
Israele ha parlato di guerra. Teme che lo scontro possa allargarsi ad altri Stati vicini?
Se gli israeliani riusciranno a sviluppare relazioni normali con l’Arabia Saudita, forse ciò contribuirà a una certa distensione, anche se in Israele nessuno si illude che gli estremisti del mondo arabo non faranno ogni sforzo per distruggere lo Stato d’Israele. La possibilità di portare a conclusione finale la distensione grazie agli accordi di Abramo, lasciava ben sperare, anche perché una parte di essi prevedeva di trovare una soluzione della questione palestinese. Ed è certo strano che ogni volta che dei negoziati di pace si avviano alla firma finale (vedi Camp David, Oslo ecc.), ecco che un attentato, o un’intifada e ora l’intervento feroce di Hamas si scatenano e tutto rimane bloccato e non arriva alla conclusione. Hamas questa volta ha agito in modo molto pesante e mi auguro che non si debba far fronte a un conflitto lungo e sanguinoso, con lutti da una parte e dall’altra. Ma sono fiducioso, perché Israele è forte e Hamas non vincerà.
Ha avuto modo di parlare con i suoi contatti, penso a familiari o amici, in Israele?
In Israele ci sono mia figlia, con mio genero e i miei tre nipotini, che da sabato mattina sono chiusi in un rifugio antimissile. Come si può immaginare, sono molto sconvolti e inquieti e questi momenti li vivono in estrema ansia in attesa di sviluppi. E noi con loro.
La situazione da sempre tesa in quelle terre pare non trovare pace: cosa si auspica per l’immediato futuro per il popolo israeliano?
Gli interessi economici, rappresentati da petrolio, gas ecc., sono immensi e di certo la via commerciale territoriale e marittima della zona ha un valore inestimabile. Israele stesso ha una forte capacità tecnologica d’avanguardia e una economia ben nutrita e in continuo sviluppo. Auspico che possa crearsi veramente la sospirata pace per il bene di tutta la regione e che l’Europa sia pronta a difendere la civiltà ebraico-cristiana della libertà, del benessere, del progresso, di cui Israele è la prima linea di difesa.