Molti motivi spingeranno femministe e femministi, il prossimo 14 giugno, a manifestare disdegno riguardo a violenze e ingiustizie subite dalle donne. Le statistiche eseguite su scala mondiale per monitorare i reati sessuali sono del tutto sconfortanti: una donna su tre, secondo l’Unifem, è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella vita. Questi numeri sono indicatori di una cultura della violenza che non risparmia nemmeno gli svizzeri; Amnesty International, nel 2019, pubblicava che in Svizzera “almeno una donna su cinque di età superiore ai 16 anni ha già subito atti sessuali non consensuali e più di una donna su dieci ha avuto rapporti sessuali contro la sua volontà”. Sebbene la violenza sessuale rappresenti una violazione dei diritti umani, in seguito a reati di tale natura la vittima viene talvolta colpevolizzata. Un linciaggio morale dell’opinione pubblica accusa le vittime di aver provocato l’atto violento attraverso comportamenti e abbigliamenti inadeguati. Attribuire al "vestito troppo corto” l’origine dei reati ha come conseguenza di spostare la responsabilità dall’aggressore all’aggredita e di creare un contesto culturale che giustifica la violenza. Se il “vestito troppo corto” fosse davvero la causa scatenante dello stupro, gli abusi dovrebbero consumarsi principalmente in discoteca ma non è così. Stupro e delitti simili si verificano in primo luogo tra le mura domestiche dimostrando che i reati sessuali non dipendono dal comportamento o dall’abbigliamento di una donna. La seduzione, un gioco antico, divertente e prettamente femminile, non è un invito allo stupro! Vivere serenamente la propria sessualità – diritto fondamentale dell’essere umano – è una delle rivendicazioni dello sciopero del 14 giugno.