La Svizzera non perde occasione di ribadire il suo disgustoso e ipocrita opportunismo, con il nostro ministro degli Esteri che sembra fatto apposta per sottolineare queste vergognose e ignobili prerogative elvetiche.
Da un lato la Confederazione fabbrica e vende armi a tutto spiano (incassandone più che volentieri il ricavato) ciò che arricchisce i mercanti di morte nostrani. Ma guai a permettere a Paesi terzi di riesportare materiale bellico "Made in Switzerland" verso un Paese barbaramente aggredito e invaso dal pluriomicida dittatore Putin: lo ha riaffermato in queste ore senza battere ciglio il Consiglio federale: "La neutralità (parola passe-partout) non si tocca". E chiudiamo un occhio sull’esportazione dei famosi Pilatus e altri balocchi del genere (tipo munizioni) a nazioni che hanno notoriamente rapporti dubbi con il concetto di diritti dell’uomo...
Non parliamo poi del forte sospetto che il fiorente mercato delle materie prime (si parla dell’80% del mercato russo) che nutre le casse di Putin, si svolge attraverso Ginevra, Zugo, Lugano e Zurigo. Da notare infine che la Confederazione, i Cantoni e la Seco ignorano tutto, anzi non ne vogliono proprio sapere (Republik, 24.2.2023, "Öl ins Feuer"). È forse quello che Cassis chiama "aiuto umanitario per l’Ucraina"?