Nel periodo invernale i lupi scendono inseguendo la preda sul fondovalle e si avvicinano agli insediamenti umani, ma non vi è nulla da temere per la gente che vi abita. Esternazioni fatte recentemente al Tg Flash delle 18.
Affermazioni sciagurate e irresponsabili che veicolano falsità. Qualsiasi bestia difende il suo cibo e pertanto diventa aggressiva. Persino l’erbivora capra, se le togli il fieno, ti mostra le corna e cerca pure di colpirti. Il predatore lupo no, poverino, è timido lui sceglie la fuga. Ma l’aggressività si manifesta pure in ogni specie di mammifero nel difendere la prole. Persino la gallina ti attacca per difendere nido e pulcini e se inavvertitamente, e può succedere, ti avvicini alla cucciolata, mosso dallo stesso universale istinto materno il lupo ti aggredisce.
La questione lupo, come tante altre cose, è finita purtroppo nelle mani dei vari moderni azzeccagarbugli di manzoniana memoria.
Un altro tema che ogni tanto affiora accennando alla questione lupo è la secolare pratica del vago pascolo nel nostro Cantone. Il valore economico della pastorizia e della capra in particolare è legato a doppio filo alla libera pascolazione sulle nostre montagne. Praticato da secoli nel Cantone, ha forgiato animali robusti produttivi, economicamente importanti proprio perché liberi e autosufficienti nei loro bisogni vitali.
Cancellare questa pratica nel Cantone significa distruggere il valore economico dell’animale capra, in quanto questa sua forza e rusticità, per mantenerla, la deve poter praticare.
Inoltre gran parte della montagna, privata dal benefico intervento della giardiniera capra, sarà resa impraticabile dall’avanzare selvaggio di rovi e sterpaglie. La capra senza il vago pascolo è un’anatra zoppa. Fanno inorridire argomenti come rinchiudere la capra la notte, vietarne la libera pascolazione a fronte di predatori liberi e protetti. Inquietanti segni e specchio dei tristi tempi che corrono! Tempi segnati da un’identità e cultura globalizzata incentrata e farcita di gretto consumismo, ipersportiva, accompagnata con grondanti fasti retorici da uno squallido frullato di vip e divi celebrati ben oltre la morte, usque ad infinitum.
Tempi senza memoria e senza nessuna considerazione del nostro recente passato di pastori contadini e di quanti caparbiamente e saggiamente ancora oggi ci credono.
«Senza memoria noi non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere», (Josè Saramago).