laR+ I dibattiti

Certi silenzi delle istituzioni

(Keystone)

Capita a volte di leggere, a mezzo stampa, alcune affermazioni pesanti sulla realtà delle nostre istituzioni. Talune sono forse ingenerose, ma altre colgono nel segno un disagio presente nell’opinione pubblica di fronte a certi eventi e, soprattutto, di fronte a certi silenzi da parte di chi avrebbe il dovere di chiarire le dinamiche degli eventi. Non solo, ma capita in più occasioni che talune critiche espresse nei mass media suscitino sdegno da parte di chi predispone e applica in modo selettivo la recente e decantata Legge sulla trasparenza, introdotta alcuni anni fa. Tutti elogiano il pensiero critico, salvo poi censurarlo quando non fa comodo. Qualche tempo fa l’avvocato, ex procuratore pubblico, Emanuele Stauffer si espresse con giudizi perentori, ma non fu il solo, sul funzionamento della Magistratura (6 aprile 2024), ritenuta poco garante della giustizia uguale per tutti. Così disse: “La giustizia, da noi, è un terno al lotto (…) dipende da chi gestisce i procedimenti penali”. Un’affermazione pesante che tocca l’essenza stessa della nostra democrazia. Altrettanti giudizi che nessuno ha finora voluto o potuto sconfessare. Recentemente ho letto il commento del direttore de laRegione, apparso lo scorso 31 dicembre, dal titolo significativo “Silenzi (e rumori) che mettono a disagio”. Un articolo chiaro e diretto che chiama in causa alcune istituzioni silenti su eventi o situazioni di interesse pubblico: il licenziamento di un docente alla Spai di Mendrisio; il licenziamento di un’operatrice della Rsi, la faccenda dell’ex Macello e le relative carte secretate e altro ancora. Il direttore del quotidiano così conclude: “Silenzio, perché il rumore di ‘certa stampa’ dà fastidio. O perché guai a chi rompe il patto di silenzio. Che si tratti di giudici, politici o poliziotti poco cambia”. Sono, quelli che ho menzionato, giudizi assai forti, intesi a denunciare una realtà poco trasparente delle nostre istituzioni. Eppure rimangono tali, spesso confinati nella ricorrente frase di comodo e di sviamento: “È in corso una procedura penale o amministrativa”. Capisco che la giustizia debba fare il suo corso; capisco di meno che l’Autorità politica lasci correre il tempo senza dare le necessarie delucidazioni sugli eventi. Anche i recenti licenziamenti di due giudici lasciano perplessa l’opinione pubblica, tanto più che i due magistrati hanno svolto con competenza il loro mandato, come asseriscono alcuni valenti addetti ai lavori.

Tutte le questioni qui sollevate mi fanno sorgere un dubbio: che a prevalere siano più le questioni formali che quelle sostanziali. Ovvero, al di là di possibili “infrazioni” a talune procedure o codici di comportamento di questa o quella istituzione, la cosa importante per il funzionamento della nostra democrazia dovrebbe essere quella che a svolgere determinati compiti vi siano persone competenti e capaci. Nel campo della giustizia, ma non solo, le procedure di assunzione non sono sempre chiare e definite. È da un decennio che se ne parla a livello della selezione dei magistrati. Poco o nulla è stato fatto in proposito. Solo di recente il Gran Consiglio ha formulato alcune ipotesi interessanti, che speriamo vengano definite e applicate al più presto. Ma anche le procedure di destituzione andrebbero riviste, definendo in modo chiaro le varie tappe e le modalità di esecuzione, come ebbe a suggerire nel 2021 la perizia del prof. Roullier, ex presidente del Tribunale federale. Allora le varie raccomandazioni furono rivolte, anche a ragione, contro il Consiglio della Magistratura che aveva proposto il non incarico di cinque procuratori pubblici. Non mi è dato sapere se tali raccomandazioni siano state codificate nelle attuali procedure e se nei confronti dei casi citati siano state applicate. Varrebbe la pena di chiarire questo punto, non solo attraverso declamazioni che producono rumore e nulla più.

Infine rimane aperta la denuncia dell’avvocato Stauffer concernente la giustizia a due velocità, che i politici farebbero bene a verificare senza indugio: una questione ben più importante per la democrazia, rispetto a un’inosservanza di alcune procedure formali. Ne va di mezzo la credibilità della nostra giustizia. Insomma, rispettando criteri di trasparenza e di chiarezza, le istituzioni avrebbero tutto da guadagnare.