Nell’ultimo trentennio del ’900 Giancarlo Buzzi si distinse per la sua attività industriale legata all’orologeria: gli è stato dedicato un libro
Nell’ultimo trentennio del secolo scorso l’imprenditore Giancarlo Buzzi di Aquila si distinse per la sua attività industriale legata all’orologeria. Con i suoi stabilimenti di Aquila, Dongio e Pollegio riuscì a dare lavoro a un centinaio di dipendenti, perlopiù abitanti in Valle di Blenio. Nel periodo di massima attività, grazie alle grosse ordinazioni di Parmalat per i calciatori italiani, la ditta Buzzi riuscì a produrre ben 2,5 milioni di orologi all’anno. Dopo il crollo della Cima Norma nel 1968, Giancarlo volle colmare il vuoto occupazionale con la messa in opera dell'attività imprenditoriale, avendo dedicato vari anni alla riparazione e all'assemblaggio di orologi svizzeri di marca.
Sviluppò le sue attività prevalentemente nel settore orologiero, ma anche in quello farmaceutico, promuovendo la formazione di giovani apprendisti di valle e l’occupazione prevalentemente femminile. Diede pure lavoro a domicilio a parecchie persone, inaugurando così già allora la pratica dell’home working. Giancarlo riuscì persino ad acquisire il marchio ‘Buzzi Switzerland’ in tutti i continenti con il Mariotta Watch ideato dal designer locarnese Marco Mariotta e creato – in collaborazione con la ditta Agie di Losone grazie alla tecnica dell’elettroerosione – con un quadrante di forma quadrata scolpito in un blocco unico composto di acciaio e titanio. Per questa geniale invenzione la ditta Buzzi conseguì nel 1997 il prestigioso premio ‘International Watch and Jewelry Show’ di New York nella categoria design innovativo.
Giancarlo iniziò la sua attività con l’orologio meccanico, affascinante strumento col cuore pulsante del bilanciere e con l’inconfondibile tic tac scandito di secondo in secondo. Immerso profondamente nella sua passione per l’orologeria, aveva un’idea fissa: come eliminare l’attrito nelle componenti che portano a dei ritardi e al fermo del bilanciere. Il suo modello di riferimento era il Pendolo di Foucault: poiché la terra ruota sull’asse senza attrito, perché non possiamo immaginare la stessa cosa per gli orologi?
Negli anni 70 accolse con entusiasmo l’apparizione dell’orologio a quarzo, a differenza di alcuni imprenditori ticinesi e svizzeri costretti a dichiarare il fallimento. Si buttò sull’elettronica rinnovando le attrezzature e formando nuovamente i dipendenti. Vinse la sfida nonostante l’epoca di crisi del settore dell'orologeria negli anni Settanta. L’idea di sconfiggere l’attrito non era solo sua, tant’è vero che nel nostro secolo si sono fatti passi da gigante con l’orologio atomico, che sfalsa di un secondo ogni 3,7 miliardi di anni.
Una vita, quella di Giancarlo, passata a rincorrere il tempo, in compagnia con la sua preziosa consorte Angela. Ma, come pensava Marcel Proust, «i giorni sono forse uguali per un orologio, ma non per l’uomo». Il tempo ha la sua continua corsa e l’uomo, prima o poi, deve arrendersi. Successe pure a Giancarlo che, di fronte al venir meno dell'ordinazione di Parmalat e soprattutto all’incedere senza sosta della globalizzazione, dovette ammainare bandiera. Lo fece con grande dignità evitando fino all'ultimo di licenziare il personale, come sottolinea la bella pubblicazione, per iniziativa nel nipote Siro, intitolata ‘L'ultimo industriale romantico’, redatta da Matteo Giottonini nelle Edizioni d’arte Dazzi (Chironico) fresco di stampa e presentato al pubblico il 26 novembre.
L’imprenditore idealista di Aquila era certamente un uomo di altri tempi, ma di grande ingegno.