In tutta la Svizzera le strade sono puntualmente congestionate ed è per tale motivo che s’intende, tramite sei progetti, ampliare diversi tratti autostradali. Se non si interviene, le automobili continueranno a rimanere imbottigliate nel traffico. Qualsiasi potenziamento dell’infrastruttura autostradale appare meglio dello status quo. Eppure decenni di ricerche (e anche un po’ di buon senso) dimostrano che il traffico è inevitabilmente destinato a ritornare a pochi anni di distanza. Una fatica di Sisifo che per definizione è destinata a fallire.
I problemi legati alla mobilità sono stati risolti per decenni costruendo di più, pezzo per pezzo e ampliando quanto già c’era. La pianificazione del territorio ha per lungo tempo privilegiato l’uso dell’automobile, che ha sempre più occupato spazio e terreno. Negli ultimi 50 anni la politica dei trasporti si è basata principalmente sul traffico motorizzato individuale. Aggiungendo ulteriori corsie ad un’autostrada si induce un uso del territorio maggiormente orientato all’automobile, non solo puntualmente ma per quanto riguarda l’intero sistema dei trasporti. È finalmente ora di mettere in discussione la mobilità fossile, basata su una logica espansiva.
Negli ultimi anni il costo per chilometro di tracciato autostradale è esploso, in parte a causa della crescente scarsità di terreno e spazio. Va inoltre tenuto conto di diverse esternalità negative: aumento del rumore, dell’inquinamento da microplastiche dovuto all’abrasione degli pneumatici e delle emissioni di gas a effetto serra. Le emissioni legate ai trasporti rappresentano già oggi ⅓ delle emissioni totali della Svizzera. Appare dunque chiaro che un ampliamento delle autostrade non sia compatibile con la legge sul clima e il raggiungimento della neutralità climatica.