L’apertura di un Pronto soccorso (Ps) privato alla clinica Sant’Anna, annunciata dal gruppo Smn, è percepita con forte preoccupazione: alcuni la vedono come una mossa per guadagnare vantaggi nella futura pianificazione ospedaliera, altri come un passo ulteriore verso la privatizzazione della sanità a scapito di quella pubblica, altri ancora come uno spreco che aumenterà costi e premi delle casse malati.
L’attacco ai Pronto soccorso pubblici nel cantone, infatti, non è una novità. Solo grazie all’azione costante dell'Mps la situazione non è peggiorata ancora di più. Basterà qui ricordare, ad esempio, l’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali” o la petizione contro la chiusura del Ps dell’ospedale italiano di Viganello. È evidente che negli ultimi anni l'offerta di molti Ps pubblici è stata ridotta: gli esempi di Acquarossa, Faido, dell’Ospedale italiano di Lugano e, più di recente, del servizio pediatrico di Locarno e Mendrisio ne sono la prova. A tutto ciò va aggiunto un degrado sistematico dei mezzi (infrastrutture e personale) a disposizione dei Ps di tutti gli ospedali regionali che si traduce in lunghe ore di attesa che suscitano (anche se non giustificano) gli episodi di intolleranza recentemente denunciati. È chiaro: la popolazione percepisce un peggioramento del servizio, nonostante i tentativi dei vertici Eoc di smentire il disagio con improbabili statistiche sui tempi di attesa. Senza dimenticare i vari contributi che, preventivo dopo preventivo, il Cantone ha richiesto all’Eoc proprio nell’ambito del finanziamento dei Pronto soccorso: milioni che sicuramente hanno avuto un’influenza su questa evoluzione declinante.
A questa sciagurata politica pubblica si è contrapposta (favorita da questo disimpegno) un’offensiva del settore privato. Non solo attraverso l’offerta di nuovi Pronto soccorso (tutti dimenticano che in concomitanza con lo smantellamento del Ps all’ospedale italiano, la Clinica Moncucco ampliava in maniera importante il proprio, prima limitato, a un’accoglienza 24 ore su 24 tutti i giorni), ma anche con lo sviluppo di quei centri medici (ora acquisiti proprio dal gruppo Smn) che di fatto si sono configurati come un’alternativa ai Ps, proprio per la centralizzazione e l’ampiezza della loro offerta di specialità in tutti i centri del cantone.
Che questa fosse la logica (disimpegno pubblico e offensiva privata) era evidente da tempo; tanto è vero che l’iniziativa Mps (‘Giù le mani dagli ospedali’ pur respinta aveva ottenuto nel 2016 un lusinghiero 48,7%) prevedeva tra le altre cose che “negli ospedali regionali e negli ospedali di zona verrà organizzato… un servizio ambulatoriale di medicina generale e altri servizi destinati all'esame e alla cura di persone non ospedalizzate”.
E ora? La difesa del servizio pubblico ospedaliero si annuncia difficile, anche perché la nuova procedura sulla pianificazione ospedaliera riduce di fatto qualsiasi possibilità di intervento serio (e sono stati gli stessi partiti a ridurre le proprie competenze!).
A noi pare che a questo punto l’unica possibile fonte di resistenza potrebbe essere un ruolo attivo e deciso del personale sul quale queste politiche di privatizzazione rischiano di avere conseguenze devastanti, ancora più di quelle pesanti già in atto da anni in particolare a livello di condizioni di lavoro. A questa dinamica dovrebbe e potrebbe aggiungersi quella di comitati di cittadini e cittadine in difesa del servizio pubblico, a condizione che i soliti maneggioni non ne vendano poi il lavoro per un piatto di lenticchie come è avvenuto di recente con il “compromesso” sugli ospedali di valle. Da una classe politica che da “destra” a “sinistra” ha assistito imbelle alla realizzazione di questa pesante situazione, non vi è proprio nulla da sperare.