laR+ I dibattiti

Una, nessuna e centomila mamme

C’è chi divide la maternità a seconda della via di uscita di chi nasce, raccontando che se lo spingi fuori dalla vagina diventi madre in modo diverso rispetto a chi vive un taglio cesareo.

C’è poi chi ci separa a seconda del nutrimento: sei una madre di un certo tipo se hai allattato, mentre sei tutt’altra mamma se devi o vuoi destreggiarti con il latte in polvere. C’è chi vede nella madre che torna al lavoro fuori casa un modello lontanissimo da chi invece la differenza per qualche tempo la fa all’interno della casa (che poi, io devo ancora conoscerla una madre che non lavora). C’è pure chi sostiene che anche il concepimento ci divida: se soffri di infertilità o devi ricorrere all’assistenza medica per procreare fa una bella differenza (ok, ma a parte i soldi sborsati quale?).

E poi ci dividiamo anche da sole, con correnti, giudizi e la costruzione di personaggi che fanno stare male a causa di un’asticella troppo alta (e finta). Maternità surrogata, due mamme... tutto è buono per creare presunti crateri che ci allontanino, facendoci credere che siamo galassie diverse e che non esiste una base comune. Che, in altre parole, c’è mamma e mamma. C’è infine pure il divario letto e ascoltato in questi giorni, che ha portato il Gran Consiglio ticinese a dibattere e votare un’iniziativa cantonale per la parificazione della madre adottiva con la madre biologica. E se bisogna parificare è perché non è la stessa cosa, o no?

In questi anni di impegno nella maternità ho maturato la convinzione che dividerci è una tecnica sofisticata ed estremamente efficace per rimanere immobili, per non avanzare mai, perché troppo presi a farci a pezzi per capire chi di noi è la versione più vera, più meritevole. Come se non ci fosse posto per tutte. Come se si imponesse la scelta di una categoria di madri, quelle “vere”. “Eh ma madre biologica e madre adottiva non è la stessa cosa...”. Sai cosa c’è? Tutto è diverso da tutto. E niente è uguale a niente, ma possiamo sempre scegliere se dividerci o unirci. Prendo in prestito le parole di Maya Angelou: “Mi prenderò cura di te e di chiunque tu dirai che bisogna prendersi cura. Sono qui. Porto la mia persona, tutta intera, di fronte a te. Sono la tua mamma”. In qualunque modo una persona si affacci alla vita con questa intenzione, è mamma esattamente come me. Solo una mamma. Assolutamente e completamente una mamma. E non “di pancia” o “di cuore”, perché è pieno il mondo di persone che ci mettono entrambi e nessuno. Perché intraprendere questa avventura qui non è per fragili di cuore, è una vertigine magnifica e incasinata per chiunque, in qualunque modo inizi. E quella mamma io spero che abbia gli stessi diritti che ho io, quindi sono contenta di quanto votato oggi dalla maggioranza del Parlamento cantonale.

Mi fanno sorridere quei “Eh ma cosa volete? Il congedo per l’aborto spontaneo prima delle 23 settimane, ora la parificazione per chi diventa madre con un’adozione... e poi?”. E poi chiederemo tutto quanto servirà al progresso, a volte sbattendo contro una porta e altre ripetendo le richieste più e più volte. C’è posto per tutte le modifiche che consegnano alle nostre figlie e ai nostri figli una società più giusta, che traumatizzi meno e consideri di più. E state pur tranquilli che, per quante misure verranno un giorno approvate (e lo saranno, perché il progresso non si ferma e arrivano generazioni che hanno voglia di mettere l’empatia accanto all’efficenza) diventare madre non diventerà comunque una passeggiata. E diventare papà, come ci ha raccontato in potenti righe Davide Martinoni su queste pagine ieri. Oltre all’approvazione avvenuta nei banchi della politica ticinese, una retorica e una consapevolezza diversa si impongono anche nelle nostre teste su questi temi. Ma non per decidere chi vogliamo essere come mamme, ma chi vogliamo essere come società.

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