Dieci. Non è solo il voto che si può raggiungere in certe scuole, dieci erano anche gli scatoloni pieni di firme di cittadini ticinesi consegnati nel 2023 a Palazzo delle Orsoline. Dentro quegli scatoloni c’erano 16’023 firme, più del doppio di quelle necessarie per andare al voto popolare. È stato un successo quello dell’Iniziativa per abolire la tassa di collegamento. Un chiaro segnale del forte dissenso di una parte significativa della popolazione contro una misura vista come inutile, dannosa e concepita per fare cassetta. Una denuncia che, come strumento per ridurre il traffico, questa tassa non funziona.
Il Governo tenta di rompere il fronte degli abolizionisti con un controprogetto che modifica la tassa escludendone i centri commerciali. Questi sono però noti per contribuire significativamente al traffico. Di conseguenza, la versione “light” non addolcisce la pillola. Al contrario, non fa che evidenziare come l’intento del progetto sia stato perso nel corso del tempo. Il Consiglio di Stato sostiene che la tassa garantirà entrate annuali di circa 15 milioni di franchi, destinate a coprire i costi del trasporto pubblico. Tuttavia, se si prevede di raccogliere così tanti soldi ogni anno, è evidente che i parcheggi continueranno a generare traffico. Questa contraddizione non solo rende la tassa inefficace e ne compromette ulteriormente il senso, ma la pone anche fuori dai confini costituzionali. Il Tribunale Federale ha chiarito che una tassa deve essere causale ed efficace per risultare legittima. Ma durante il periodo di applicazione della tassa, non c’è stata alcuna significativa riduzione del traffico. Perché allora imporre un ulteriore onere ad una popolazione già provata da inflazione e incertezze economiche? Ma non basta. Il Messaggio introduce un’ulteriore discriminazione fra le imprese che operano nella grande distribuzione e tutte le altre, dando adito a nuovi dubbi di costituzionalità.
A questo punto è il Parlamento a giocare un ruolo importante. Se con coraggio affossasse il Controprogetto e accogliesse l’Iniziativa, eviteremmo un’ennesima votazione popolare. Con un voto risicato nel referendum del 2016, una tassa inefficace, migliaia di firme contrarie e un contesto economico cambiato, è davvero necessario un nuovo confronto? E perché affrontare ricorsi al Tribunale Federale e rinnovate polemiche su come il Consiglio di Stato intende perseguire il pareggio di bilancio?
Il voto sulla tassa di collegamento non è la strada da percorrere. Comporterebbe costi significativi in termini di denaro pubblico e risorse umane. Causerebbe ulteriori conflitti nella società. Non è invece meglio abbandonare la tassa e concentrarsi su nuove soluzioni per risolvere il problema del traffico e sostenere il trasporto pubblico? L’appello va così ai granconsiglieri. Un appello chiaro: ascoltare i segnali della popolazione e tagliare la famosa testa al toro, povero toro.