Fa notizia che potenziali candidati romandi non manifestino particolari ambizioni per diventare portavoce del Consiglio federale. Sappiamo che il nostro esecutivo ha bisogno di una o di un portavoce, dopo la scomparsa, lo scorso mese di maggio, del compianto André Simonazzi. Chi gli succederà dovrebbe essere una personalità di una delle regioni linguistiche neolatine. Sì, perché il cancelliere della Confederazione Viktor Rossi e la sua vice Rachel Salzmann sono svizzero-tedeschi. Questi giorni circolano nomi di potenziali candidati, che però per motivi vari non intendono presentare la loro candidatura. Sono in prevalenza note personalità romande del giornalismo o esponenti con ampia esperienza nella comunicazione dei dipartimenti federali.
Ovviamente, anche la Svizzera italiana dispone di potenziali candidati, di personalità affermate nel mondo della comunicazione, della divulgazione, dell’insegnamento. E c’è tanto bisogno a Palazzo di esponenti della Svizzera italiana, che per la loro formazione, le conoscenze linguistiche e le attività professionali nelle varie aree del Paese si avvalgono della preziosissima esperienza multilingue (conoscenza di almeno tre lingue ufficiali). L’apertura culturale è di fondamentale importanza negli ambiti più sensibili della comunicazione federale. L’esperienza nelle varie realtà linguistiche e culturali agevola il compito di portavoce. Oltre ad offrire consulenza ai membri del Governo, il portavoce deve saper dialogare in particolare con il mondo del giornalismo, sparso a sua volta in ogni angolo dei cantoni svizzeri. Per questo motivo è auspicabile che le potenziali candidature svizzero-italiane ambiscano ad accedere alla carica di portavoce del Consiglio federale. Devono essere consapevoli che il loro curriculum porta con sé le migliori attitudini, proprio grazie alla loro esperienza nelle varie regioni e alle conoscenze linguistiche. Hanno quindi la giusta disponibilità ad addentrarsi nella complessità delle decisioni del Governo svizzero e a contestualizzarle.