Ci sono 17’000 persone in Ticino che versano alla loro cassa pensioni, in una carriera, contributi ordinari al netto delle spese per 8,82 volte il loro salario assicurato; queste persone ricevono però accrediti per 7,65 volte lo stesso salario. Per capirci, se il loro salario assicurato (il loro salario lordo meno la quota di coordinamento) è di fr 50’000, queste versano per la loro pensione fr 441’000, ma se ne vedono accreditati 382’500, cioè 58’500 in meno. A dirla tutta, con il datore di lavoro hanno versato quasi 12 volte il loro salario assicurato in contributi totali netti – ossia fr 598’500 –, ma di questi il 7% se n’è andato subito per il risanamento della cassa.
Queste 17’000 persone dal 2007 al 2021 hanno ricevuto sui loro capitali interessi al minimo legale: dal 2012 al 2021 il patrimonio della cassa ha reso cumulativamente il 30,24%, ma a loro è stato riconosciuto il 12,75 per cento.
Queste 17’000 persone (assicurate presso l’Ipct, lo abbiamo capito) non sempre conoscono queste cifre, perché l’unica tabella che mette fianco a fianco contributi totali e accrediti reali l’ha scritta l’ErreDiPi; e perché l’unico specchietto che confronta interessi promessi dalla cassa nel 2012 (26% cumulativo in 10 anni), rendimenti effettivi (30,24%) e interessi riconosciuti (12,75%) l’ha proposto l’ErreDiPi.
Il 9 giugno la popolazione ticinese dovrà decidere se togliere due mesi di pensione su dodici a queste 17’000 persone. Tutto qui.
Credo sarebbe ingiusto e rischioso, perché costituirebbe un precedente pericoloso per tutti/e: quando lo Stato si permette certe libertà, perché un datore di lavoro nel privato dovrebbe trattenersi dal far lo stesso?
Il 9 giugno arriva una volta sola: invito tutte e tutti gli assicurati Ipct e tutta la popolazione che trova ingiusto e rischioso questo taglio a manifestare pubblicamente il proprio sostegno alle misure di compensazione mercoledì 22 maggio, alle 17.15, in stazione a Bellinzona.