Ciò che Credit Suisse e Ubs sono (o erano) per il settore bancario in Svizzera, Novartis e Roche, Johnson&Johnson e Msd sono per l'industria farmaceutica. E con loro una dozzina di altre aziende dai nomi conosciuti e altisonanti. Se il polo bancario svizzero ha perso slancio negli ultimi anni, l’influenza dell’industria farmaceutica in Svizzera rimane alta. Le circa 1’000 aziende con circa 75’000 collaboratori generano la metà del volume delle esportazioni svizzere. Anche la loro influenza sul Consiglio federale e sulle autorità è elevata. Di questo l’industria farmaceutica è consapevole e di riflesso si posiziona con forza nelle trattative. Ne è un esempio la dinamica dei prezzi dei nuovi farmaci ammessi sul mercato. Secondo l’Ufsp, dieci anni fa una nuova terapia oncologica costava Chf 1’000, mentre oggi ne costa circa 10’000. Si tratta di un aumento del 900%.
Che cosa significa questo per i pazienti e per chi paga i premi? La notizia positiva è che i pazienti stanno beneficiando di molte nuove terapie che arrivano sul mercato. Quella negativa, per gli assicurati, è che il prezzo dei nuovi farmaci è troppo alto e incide pesantemente sui premi. Oggi i medicamenti rappresentano quasi un quarto della spesa sanitaria della LAMal.
Il dibattito in parlamento sul secondo pacchetto di misure di risparmio riguarda proprio questo tema. L’industria farmaceutica vuole che i nuovi farmaci, con o senza grandi benefici, vengano inseriti dal giorno in cui vengono autorizzati da Swissmedic nella lista dei medicinali coperti dalla LAMal a un determinato prezzo. Che le aziende farmaceutiche si impegnino a inserire al più presto i nuovi medicamenti nella lista dei farmaci rimborsati con il prezzo di partenza più alto possibile non deve sorprendere. È però incomprensibile che il Consiglio federale si concentri sempre di più sui cosiddetti “prezzi di vetrina”, calcolati sulla base di un confronto di prezzi esteri con valori artificialmente elevati. Il risultato: il prezzo netto di ingresso in Svizzera è altissimo. Ma c’è di più: l’industria farmaceutica è l’unica a disporre del diritto di ricorrere contro le correzioni dei prezzi da parte del Consiglio federale e dunque, una volta fissato un prezzo troppo alto, questo resta tale a lungo. E gli assicurati pagano.
Anche gli assicuratori chiedono che siano disponibili il più rapidamente possibile i nuovi farmaci con ampi benefici. Ma non concordano sul momento in cui un farmaco dovrebbe essere inserito nella lista di quelli autorizzati. Per le casse malati è chiaro che ciò non può avvenire per tutti i farmaci al momento dell’autorizzazione all’immissione in commercio, se non è ancora stato determinato un prezzo adeguato. Uno studio commissionato da curafutura nel 2020 ha concluso che i criteri utilizzati per la definizione e la revisione dei prezzi – il confronto internazionale dei prezzi e il confronto terapeutico incrociato – non sono sufficienti a definire un prezzo equo.
È dunque necessaria una fase intermedia con un elenco di farmaci per i quali l’elevato beneficio sia chiaramente dimostrato e che siano rimborsati solo in via provvisoria. Non appena sarà stato determinato il prezzo equo di mercato questi farmaci potranno essere trasferiti nell’elenco definitivo. Sembra però che le discussioni in parlamento portino a seguire le argomentazioni dell’industria farmaceutica. Nell’interesse di chi paga i premi, è necessario prendere delle contromisure. Non è accettabile imporre ancora una volta massicci aumenti dei premi agli assicurati, stavolta perché la politica segue a capo chino l’industria farmaceutica.