C’era una volta la donna più ricca di Francia. La poverina era triste e sola e quindi si circondava di cortigiani che, ahimè, si approfittavano del suo buon cuore per sottrarle tesori. Così racconta un documentario uscito da poco che parla di Liliane Bettencourt, ereditiera dell’impero L’Oréal. Generosa con amici, valletti e politici, ai quali elargiva bustarelle, lo era un po’ meno con il fisco, che frodava grazie a vari conti nascosti qua e là. Ma abbandoniamo la signora, che ritroveremo più avanti, per spostarci nel nostro Paese, dove dal 2015 una legge permette di condannare a una pena carceraria fino a tre anni i giornalisti che, nell’ambito di inchieste svolte per svelare gravi abusi, rendono pubblici i documenti segreti di istituti bancari. Questa legge, che viola la Convenzione sui diritti umani e che il Consiglio nazionale intendeva allentare, potrebbe invece essere ulteriormente inasprita dal Consiglio degli Stati. La commissione dell’economia propone infatti di bocciare la proposta della Camera bassa e di accettare una controproposta che renderebbe illegale la diffusione di informazioni confidenziali provenienti anche da altre imprese: un bello schiaffo alla libertà di stampa.
Per capire la situazione, possiamo ripensare alla storia della signora Bettencourt e di tutti gli altri direttori di mega aziende che, come lei, influenzano il discorso politico con un lobbismo sfrenato o, peggio, con le bustarelle. Se una delle due Camere svizzere è pronta a sopprimere la libertà di stampa, vuol dire che qualcosa non va. Non a caso uno studio di Transparency International Svizzera giunge alla conclusione che da noi il lobbismo non è regolamentato o lo è solo in modo poco chiaro, che avviene perlopiù a porte chiuse e che è praticato non solo dai professionisti, ma anche dai 246 parlamentari stessi, con oltre 2’000 legami all’interno di 1’700 organizzazioni. In un confronto internazionale con 19 Paesi la Svizzera si classifica purtroppo solo all’undicesimo posto.
Se vogliamo proteggere la nostra democrazia e bloccare influenze perniciose dobbiamo trovare soluzioni nuove, come per esempio l’elezione a sorteggio, proposta dal professore di scienze politiche Nenad Stojanović. Secondo Stojanović i membri di un’assemblea eletta a sorteggio tendono ad avere meno pregiudizi e/o a cambiare opinione più facilmente se confrontati con argomenti solidi o fatti comprovati. Cosa che non avviene con i parlamentari, più inclini a subire le pressioni dei loro partiti e dei lobbisti, appunto. Non solo: il parlamento spesso è poco rappresentativo del popolo perché tende a escludere i poveri e le minoranze. Nella sua radicalità, il sorteggio potrebbe dunque essere davvero una soluzione egualitaria perché garantirebbe a tutti la stessa possibilità di essere votati. Stojanović ritiene che lo si potrebbe usare per creare una terza camera parlamentare.
Poco prima di morire la signora Bettencourt chiese al suo intervistatore se fosse possibile peccare di generosità. Che rispondere? Che sì, se la generosità non viene usata per comprare la disuguaglianza allora è una buona cosa.