Presto lasceranno il Ministero pubblico altri due magistrati, poco meno del 10% degli effettivi: come se, per fare un paragone, si dimettessero in un colpo solo quasi 600 docenti. Il tutto sullo sfondo di una rotazione frequente di procuratrici e procuratori che da anni indebolisce la pubblica accusa e ne evidenzia la difficile condizione. In assenza di rimedio si viaggia verso l’irreversibilità perché un’istituzione in affanno persistente né attrae candidati né motiva chi ci lavora a restare a lungo al suo posto. Il sovraccarico mette in difficoltà i singoli ma permette alla struttura di giustificare ogni problema con la mancanza di mezzi, in uno scenario che somma frustrazione e immobilismo.
Fatto sta che, a prescindere da interventi puntuali tanto lodevoli quanto purtroppo insufficienti, la sottodotazione persiste e nessuna delle varie riorganizzazioni di cui si è via via parlato può compensarla. Al contrario, il deficit di forze impedisce ogni vera riforma perché i cambiamenti, in questo caso, non generano le risorse necessarie ma, piuttosto, le presuppongono. Non lascia dubbi anche solo un mero raffronto intercantonale tra numero di casi trattati e magistrati attivi: necessitano ulteriori Pp, molti e a maggior ragione pensando al carico aggiuntivo generato dalle nuove norme procedurali in vigore dal 1° gennaio prossimo. Qualcuno ne dubita? Domandi a coloro che, per varie ragioni, conoscono la situazione. Non si faccia impressionare da casi individuali, valuti i dati, non le sensazioni, i fatti e non le narrazioni. Chieda alle vittime che attendono giustizia, ai lesi che aspettano risarcimento, agli imputati che hanno, tutti, diritto a procedimenti celeri, alle aziende che vedono concorrenti sleali non neutralizzati velocemente. Interpelli i procuratori stessi, i segretari giudiziari, i difensori, i funzionari amministrativi, gli agenti, i doganieri o i giudici. Eppure, sufficienti risorse ulteriori sembrano un tabù, paradossale direi in un Cantone dove la spesa pubblica suggerisce che forze aggiuntive si sono trovate in molti ambiti.
Certo, anzi certissimo, che non di sola quantità si deve discutere ma anche di qualità, organizzazione, gestione, selezione, dotazione amministrativa, rapporti con la polizia, situazione logistica, informatica e via narrando. Tutto vero, ma se non si risolve il tema degli effettivi siamo o all’accademia o al diversivo. Per spegnere un incendio ci vogliono anzitutto pompieri in numero sufficiente, non discorsi sulle ragioni prime o ultime del fuoco. Ovviamente, le risorse aggiuntive sono da legare a vere riforme organizzative ma è sbagliato pretendere che il Ministero pubblico (con le risorse attuali o poco più) prima lavori in altro modo per, poi, “meritarsi” il potenziamento. Con il che non si hanno né nuove risorse in quantità sufficiente né riforme degne del nome e, al loro posto, si insediano appunto immobilismo e insoddisfazione generale.
Da ogni parte, e molto giustamente, si chiede sicurezza per i cittadini e tempi celeri per la giustizia: pensare di poter garantire l’una e l’altra con un una procura pubblica in perenne rincorsa delle emergenze quotidiane è un’illusione, e le illusioni non fabbricano futuro.