laR+ I dibattiti

Cortocircuiti

Viviamo in mezzo a una serie di cortocircuiti del pensiero. Vediamone un paio.

Legalità - La legalità è diventata una sorta di fastidioso inciampo, un lusso, una cosa futile da anime belle; inciampo altrettanto molesto di quello che consisterebbe nel far capo, banalmente, ai metodi istituzionali per modificare le norme che non piacciono. Tre esempi, tra i tanti. Si chiede di passare oltre alle norme di legge per fini morali(stici) o politici, invocando ad esempio il sequestro e la devoluzione dei beni degli oligarchi russi, la cui colpa – almeno quella accertata dalla legge o da un tribunale, che è poi quella che conta – è solo quella di avere un passaporto “sbagliato”. (Niente a che vedere con la vicenda dei fondi ebraici, nella quale parecchi in Svizzera si sono bellamente messi in tasca beni affidati loro, confidando nella tragica morte del mandante e dei suoi eredi; qui una fattispecie che resta un reato anche se a commetterlo furono in tanti, e dotati di cotanto prestigio sociale). Si abusa poi del diritto d’urgenza per bloccare i meccanismi democratici, spesso per sterilizzare il dibattito parlamentare; da noi, per legittimare la modalità surreale con la quale si è voluta salvare una banca regalandola sic et simpliciter al suo competitor a spese dei cittadini, e con buona pace di creditori, di azionisti e di noi contribuenti-garanti. Si invoca, infine, un allentamento per decreto della legislazione sull’esportazione di armi, usando il grimaldello del caso ucraino per poi aprire autostrade gloriose alla nostra industria dell’armamento.

Neutralità - Marignano non è stata una iattura né una tragedia per la Svizzera, ma esattamente il contrario, in quanto la sconfitta militare ha posto fine a qualche aspirazione espansionistica di troppo e inaugurato un lungo periodo di pace e di prosperità (seppur interrotto dalle interne faide religiose, sanate con una minestrina), quindi una vera storia di successo; oltre mezzo millennio, caratterizzato da una gestione oculata dei rapporti internazionali, retta da un principio di neutralità che ci ha dato prestigio, ci ha permesso di evitare il peggio e di mettere in campo i nostri buoni uffici per la composizione di controversie e per la facilitazione dei rapporti. Ora, complice la guerra e l’insipienza di taluni governanti in fregola da (ri)elezione, si sabota questo meccanismo a colpi di proclami, di penose comparsate sulla scena internazionale, di conferenze internazionali da operetta e di decisioni pubbliche; oso sperare che qualcuno, magari gli elettori, ci salverà da questa deriva.

Spiegazione - Spiegare e contestualizzare è diventato una sorta di delitto, che conduce dritti dritti a una condanna per collusione con il cattivo di turno; vietato anche tentare di sollevare dubbi su talune incoerenze nella gestione dei vari conflitti (Ucraina vs Afghanistan, Balcani, Nordafrica) o delle loro vittime (statuto dei migranti). I soliti, in primis qualche giornalaio, liquidano sprezzantemente come pretestuoso ogni appello a una ragionevole valutazione dei casi per scoprire magari l’inconfessata motivazione di certi comportamenti attuali.

Memoria - Ci si permette di emendare o financo di distruggere opere della creatività umana solo per il fatto che esse sono, ovviamente, il frutto di una mentalità che – spesso, per fortuna – non è più la nostra; a questi censori braghettoni occorrerà spiegare che il confronto con la diversità e la memoria è il modo migliore per verificare le proprie certezze e per crescere, e che il fatto di non essere in grado di produrre opere originali non è un motivo sufficiente per sfregiare quelle del passato.

Superare questi, e altri, cortocircuiti impone un esercizio di pazienza e di analisi, cui le nuove dinamiche dell’informazione e della percezione del reale tendono ad allontanarci, aprendo la strada a un’appropriazione rapinosa, mediata e illusoria delle cose, e relegando in polverosi e poco frequentati territori la bella fatica dello studio e dell’acquisizione di una competenza vera; e con essa il piacere della dialettica e dell’argomentazione e, alla fine, la capacità – salvifica – di acquisire una comprensione autentica delle cose che ci capitano.