Primo. La terra continua a girare su sé stessa e attorno al sole. I risultati delle elezioni non cambiano le sorti generali del Ticino e tanto meno della Svizzera e del mondo.
Secondo. Si vota sempre in meno e sempre meno per un partito: forse non dovremmo più né meravigliarci, né scandalizzarci. I partiti hanno avuto un ruolo essenziale fino a mezzo secolo fa: rappresentare classi sociali omogenee consapevoli di poter promuovere interessi comuni tramite partiti, sindacati, associazioni. Con la digitalizzazione si è affermata la tendenza a fare a meno degli intermediari: come credere che i partiti, intermediari per eccellenza fra i cittadini e le istituzioni, non subiscano questa tendenza?
Terzo. Si moltiplicano i partitini e si riduce il peso dei maggiori. Non è una novità. La diversificazione nel mondo del lavoro, negli stili di vita, nelle culture e nei valori si rispecchia nella frammentazione politica: formazioni create da pochi cittadini che si riconoscono in obiettivi particolari più che in visioni generali. Quattro anni fa si erano presentati ben cinque “partiti” già scomparsi in questa tornata. Questa volta, di nuovi ne sono apparsi tre. L’ideale di una società sempre più individualista è che i partiti di più persone scompaiano del tutto: ogni persona sarà un “partito” che propone in rete il suo punto di vista e che decide in rete tutti gli oggetti che un gruppo di persone elette in rete elaborerà.
Quarto. È opportuno e forse possibile resistere al “ciascuno per sé”, poiché le sfide più impegnative riguardano tutti: distruzione dell’ambiente, pandemie, riscaldamento globale, guerre per l’acqua e altre risorse rare, minaccia atomica, migrazioni bibliche, bipartizione dell’umanità fra élite onnipotenti e masse irrilevanti. Nel nostro piccolo, socialisti e Verdi ci hanno provato con un programma e una lista comune per l’esecutivo ma hanno fallito, sopraffatti dalle tendenze in corso. I socialisti hanno perso quei loro elettori interessati alla crescita, al lavoro, al reddito, ma non a fermare lo sfruttamento eccessivo della natura. Sono stati catturati da “Avanti con Ticino&Lavoro” e dal suo patetico programma di 10’000 nuovi posti di lavoro quando ne abbiamo già 80’000 in più degli attivi residenti. Il Ps ha perso 1,2 punti della sua quota di voti di lista per il Gran Consiglio, l’8% di quella del 2019. I Verdi hanno perso due frange di elettori: quelli che pensano all’ambiente prevalentemente come nuovo business (passati ai Verdi liberali); quelli scettici verso la scienza e la medicina sedotti dai No Vax di “HelvEthica Ticino”. Anche loro hanno perso 1,2 punti della loro quota di voti, una riduzione del 18% rispetto a quella del 2019.
Quinto. Socialisti e Verdi hanno fatto almeno due errori. A inizio campagna non hanno detto chiaro e forte che l’esclusione della Mirante dalla lista era obbligata: Amalia non era idonea a promuovere il programma eco-socialista perché non lo condivideva. Hanno così offerto agli avversari l’occasione di montare la panna sulla candidatura “blindata” di Marina Carobbio. Hanno poi fatto troppo poco per promuovere assieme il programma eco-socialista e chiarirne le implicazioni per le politiche economiche e sociali: abbandono della crescita illimitata, riequilibrio di tempo di lavoro e tempo di vita, nuovo paradigma del reddito di base disgiunto dalla quantità di lavoro come risposta coerente alla quarta rivoluzione industriale (intelligenza artificiale e robotica di nuova generazione).
Sesto. Quattordici liste si sono disputate i seggi del Gran Consiglio. Quattro sono formazioni di destra: Udc, Lt, HelvEthica, Dignità ai pensionati. L’influenza della Destra nell’elettorato, misurata con la quota aggregata dei voti di lista, raggiunge 28,4 punti: +1,75 punti, un aumento del 6,6% della sua quota 2019. Sei sono formazioni di centro: Plr, Il Centro, Verdi Liberali, Più Donne, Avanti, Montagna Viva. Dominano con una quota di 49,3 punti: +0,6 punti o +1,3% rispetto al 2019. Quattro sono di sinistra (Ps, Verdi, Pc-Pop, Mps): quota 22,3, -2,4 punti o -9,7%. Socialisti e Verdi raccolgono assieme 18,7% dei voti di lista. La flessione della Sinistra rispetto al 2019 è dovuta a loro (Pc-Pop e Mps assieme rimangono stabili). Sarebbe però un errore fatale per loro e per il Paese se rinunciassero a promuovere il loro progetto unitario eco-socialista per rincorrere le posizioni conservatrici di un centro già troppo affollato o di una destra velleitaria e irresponsabile. Siamo ancora all’inizio del nuovo secolo ed è sempre valido l’ammonimento di un grande storico: “Se l’umanità deve avere un futuro nel quale riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente” (Hobsbawm, “Il secolo breve”).