Credit Suisse: in 10 anni 32 miliardi pagati a titolo di bonus, malgrado 3,2 miliardi di perdite. Fra il 2007 e il 2014 il suo Ceo ha ricevuto 160 milioni di bonus malgrado il crollo del 70% delle azioni; il suo successore, fra il 2015 e il 2020, incassò 40 milioni di bonus malgrado una perdita del 60% del valore di Borsa. Qualche minuto prima della catastrofe, il Credito Svizzero era pronto a pagare 1,7 miliardi di franchi in bonus. Questa cattiva gestione del conflitto di interessi merita di essere valutata dal punto di vista del reato di gestione infedele commessa con disegno di lucro, perseguibile d’ufficio. Risposta del Procuratore generale della Confederazione, secondo il Financial Times del 3 aprile 2023: apertura di un procedimento penale contro i responsabili delle fughe di notizie durante il weekend nero del 19 marzo 2023. In ogni caso, un procedimento penale contro i responsabili di questa storica catastrofe bancaria finirebbe fra qualche decennio con qualche condanna sospesa condizionalmente. D’altra parte, una procedura contro la banca in quanto tale, permetterebbe di conseguire soltanto il massimo della multa, ossia 5 milioni, che sarebbero comunque da pagare da parte della banca e non da parte delle persone responsabili.
Dopo 10 miliardi di perdite dovute a Greensill, 100 miliardi per Archegos, 2 miliardi per il Mozambico ecc. ecc., la Finma ha portato a termine una dozzina di procedure disciplinari. Risultato? Secondo la società di revisione, la gestione dei rischi presso il Credit Suisse era insufficiente, nel dicembre 2022 la Sec americana aveva respinto la pubblicazione dell’ultimo bilancio. I segnali di allarme furono veramente numerosi, ma nessuno ha fermato la catastrofe: né il Consiglio federale, né la Delegazione parlamentare delle finanze, né la Banca nazionale, né la Finma (600 funzionari di cui 5 – cinque! – attribuiti al controllo sul Credit Suisse). Too big to watch.
L’appetito al rischio incontrollato è legato direttamente alla generosità dei bonus. L’iniziativa costituzionale Minder (Economie Suisse: “Questa iniziativa destabilizza le imprese svizzere”), approvata nel 2013 da una schiacciante maggioranza, è stata annacquata dal Partito degli Affari. Gli azionisti del Cs hanno tollerato e così anche la Finma. Soluzioni? La Finma pretende il potere di punire con la multa. Polvere per gli orbi: il Cs aveva già dovuto pagare ammende molto salate alle autorità americane. Ma il Cs non è cambiato. Peggio ancora: la multa verrà utilizzata dalla Finma contro ogni intermediario finanziario colpevole di aver ritardato la compilazione dei loro lunghi questionari.
Inchiesta parlamentare: con tutto il rispetto per le elettrici e gli elettori, ricordiamo che non era il loro compito scegliere dei deputati esperti in diritto bancario. L’inchiesta parlamentare terminerà tra due o tre anni con un libro di circa 300 pagine: “Arma di distrazione di massa”. Nell’aprile 1977 l’arresto di due direttori della filiale di Chiasso del Cs (ero il Procuratore Pubblico responsabile). Perdita di 1,3 miliardi. Il direttore della Banca nazionale, Fritz Leutwyler, aveva forzato l’Associazione svizzera dei banchieri a produrre, nel giro di due mesi, la Convenzione di diligenza delle banche. Oggi, silenzio totale: nessuna proposta di autoregolamentazione, nemmeno riguardo al pagamento dei bonus.
Responsabilità significa rispondere. Né a Zurigo, né a Berna nessuno dimissiona, nessuno riconosce la sua responsabilità, nessuno restituisce i bonus. Il digital bank run, 110 miliardi in fuga dal Cs a fine 2022, incombe quotidianamente. Il Rapporto che accompagna l’Ordinanza federale del 16 marzo 2023 ci rammenta che tutta l’economia svizzera, imprese, posti di lavoro, economie domestiche, traballano su una bomba a orologeria: un’unica grande banca in preda alla finanza deregolamentata e ai bonus. Too big to lead. Quali saranno i nuovi meccanismi per controllare banchieri, revisori, controllori, incapaci di gestire la crisi del Cs e presunti capaci di disinnescare questa bomba a orologeria? Too big to trust?
Questo articolo è stato pubblicato in francese su La Tribune de Genève