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La pace per i comunisti è neutralità

11 gennaio 2023
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La neutralità è stare dalla parte dei contadini della provincia di Sumy (Ucraina) che come i contadini svizzeri e di tutto il mondo vogliono poter lavorare la terra e non fare la guerra. Chi vuole la guerra e dice che combatterà fino all’ultimo uomo persegue il mito fascista della "bella morte" che è sempre quella degli altri – di chi lavora e vuole lavorare in pace. I contadini siriani, culla dell’agricoltura, è dal 2008 che non possono più coltivare i propri campi e vivono nel buio. La stessa sorte che oggi tocca agli ucraini. Due guerre innescate dal Premio Nobel per la pace Obama. Le comuniste e i comunisti vogliono poter dimenticare la lingua della guerra, quella di chi da sempre fomenta le dittature (Pinochet), arma fascisti e fondamentalisti – qualsiasi ribelle buono ai propri interessi (talebani, fascisti greci e croati...), uccide capi di Stato (Lumumba, Sankara...). Le comuniste e i comunisti difendono la classe lavoratrice e i giovani dal diventare carne da cannone. Siamo antifascisti e per questo i primi ad essere repressi. Oggi come negli anni 30 combattiamo per la libertà, senza fucili in mano, con la stessa passione di Eolo Morenzoni, Romeo Nesa ed Elio Canevascini. Siamo pacifisti e, oggi, per ottenere la pace, il nostro Paese deve essere neutrale, a maggior ragione da quando siede nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Senza neutralità, nella Terza guerra mondiale in corso, è molto alto il rischio di adesione alla Nato e di dover inviare in scenari di guerra che non ci riguardano i nostri giovani arruolati in un esercito svizzero che partecipa a missioni estere. Le comuniste e i comunisti non lo permetteranno, né lavoratori né giovani devono morire, per una guerra che, Obama prima e ora Biden, hanno portato in Europa, per una guerra per l’egemonia del dollaro, come quelle in Iraq, Afghanistan, Libia e Siria. Nella prima notte su Baghdad sono cascati tanti missili quanti quelli di 3 mesi di guerra in Ucraina. Ma non è il caso di fare il conteggio delle brutalità.

Non è tanto una questione di Azov e Wagner, piuttosto dei 13’000 morti civili del Donbass: dal 2014 al 2018 l’esercito ucraino ha ucciso uomini, donne e bambini ucraini. Perché i difensori dei diritti umani non ne parlano? Il Partito comunista non smetterà di ripeterlo e ricordare che in Ucraina sono stati messi al bando tutti i partiti d’opposizione (compresi socialisti e comunisti – già dal 2014). Le comuniste e i comunisti sanno cos’è la repressione, ciononostante continuano a lottare per la libertà, anche a costo della propria vita (e non quella degli altri). La guerra non è un gioco, infatti con coerenza da diversi decenni promuoviamo il servizio civile. È stata una conquista di tutti gli obiettori di coscienza del Novecento che hanno fronteggiato prigione e tribunali militari, pagando caro questo coraggio. Ogni volta che vediamo una donna ucraina, dobbiamo ricordare che c’è un padre, un marito o un fratello che non ha potuto lasciare il Paese anche se non voleva combattere e non voleva partecipare a questa guerra. Chi ieri cantava "mettete i fiori nei vostri cannoni" oggi può tradurre quelle parole firmando a favore della neutralità.