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La trappola della perfezione

11 gennaio 2023
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Nulla è mai abbastanza e, incastrati in un’ambizione irraggiungibile, di consumismo seriale e iper produttività, rischiamo di perdere tutto, anche noi stessi, ci attanagliamo a questa immunità dall’errore, precipitando in una voragine di perfezione.

Ma l’essere umano non può essere perfetto, per natura impreciso e irregolare. In questo sistema atomizzato, anche la natura umana deve essere soppressa, addomesticata dall’educazione al perfezionismo. Un cammino di fallimenti e inadeguatezze per spingerci a correre verso una meta a cui non si potrà mai arrivare, perché non ci appartiene.

E allora, scomposti, dietro un "non stai lavorando abbastanza", vi è la gara al sacrificio del tempo privato, libero, per quello del lavoro. Retribuzione non come qualcosa di dovuto, quanto come una conquista costante. Lavorare non più per qualcosa, ma per meritare il lavoro. E così si annulla il desiderio di esistere, di essere, fuori dal lavoro.

Prestazione come misura della persona, nuovo status sociale. Il peso di un traguardo inarrivabile per pesare la nostra dedizione. Nulla sarà mai abbastanza, ma importante sarà quell’ammirazione provata dagli altri, unico indicatore del nostro avvicinamento alla perfezione.

Perfezionismo che è assetato, insaziabile, idolatrato su giornali e social, che premiano le ottime prestazioni, annullando e cancellando il fallimento.

Se fallisci non sei meritevole di.

Perfezione come tensione morale, mentre il tempo scorre e la salute mentale si accartoccia, un foglio dimenticato nella tasca. Salute mentale che si tortura nel desiderare ossessivamente il traguardo perfetto, mentre l’ansia rende arida la gola, blocca le grida, congela le forze, ci affama di aria.

Bam, scatta la trappola della perfezione.

Si rifiutano le ambizioni sane per quelle inarrivabili, a conferma della nostra personale inadeguatezza. Si rimane soli.

Che se solo provassimo a vedere oltre, riusciremmo a vedere in quanti siamo, e forse ci fermeremmo un secondo in più ad ascoltare e ad ascoltarci, per comprendere che, alla fine, non siamo poi così male. Ci fermeremmo ad ascoltarci per sentirci compresi, pronti a capire che la perfezione non esiste. Che la superficialità del perfezionismo si basa solo sul giudizio esterno. Smettiamo di non perdonarci l’ordinario, invece di restare a galleggiare a fatica nella nostra insoddisfazione perenne.

Smettiamo di colpirci per differenza, squalificarci in partenza per aspetto, origine, per classe di appartenenza, per sesso e identità.

La nostra imperfezione non è un peccato da dover espiare, qualcosa a cui porre rimedio.

La vita umana, nella sua potente, straordinaria e unica bellezza, sta proprio nella sua forma irregolare. Meravigliosa. Prima riusciremo ad accettarci come esseri imperfetti, prima riusciremo a sentirci meno soli. E stare bene.