I dibattiti

Tabula rasa in via della Stazione: dal sogno al massimo profitto

Caduta come un macigno la notizia del progetto muraltese per il fronte urbano sotto il Grand Hotel: comporta un deturpamento dell’agglomerato urbano

In sintesi:
  • La fusione è il sogno di molti locarnesi, ma la mentalità è quella che è
  • Nell'intero Ticino l'architettura dell'Ottocento fu eliminata dalle ruspe
  • L'ideologia del profitto ad ogni costo avvilisce, invece di emancipare, la condizione futura della gente
Giù tutto

A preoccupare non è una porticina che, spensierati, apriamo sul calendario dell’Avvento per rendere gioiosa l’attesa del Natale. È il progetto della "Tabula rasa" del fronte urbano di via della Stazione a Muralto, annunciata dalla ‘Regione’ nell’edizione del 1° dicembre. È stata una notizia, caduta come un macigno, a guastare l’innocente attesa di una delle più belle feste dell’anno. Riguarda un’intera città che si estende dal declivio della montagna e occupa la parte settentrionale del Delta della Maggia. La demolizione progettata sul fronte ovest di via della Stazione a Muralto comporta un deturpamento importante di un agglomerato urbano in cui ci si ostina a mantenere le baronie di Comuni separati, strumentali agli interessi e agli affari dei palazzinari.

La fusione è il sogno della maggioranza dei locarnesi, tuttavia ostacolato da una mentalità già denunciata per quasi mezzo secolo da Piero Bianconi. L’autore dell’"Albero genealogico"(1969) definiva la città del delta abitata in genere da bottegai, volti esclusivamente al rozzo guadagno. Le numerose gru, visibili nel paesaggio, per quanto scriveva Bianconi da Minusio, marcavano come fari nel territorio i luoghi dove sorgevano nuove costruzioni a cementificare i declivi verdi della montagna. Erano simili a forche destinate alle impiccagioni degli ultimi segni della cultura del bello, dell’armonico e del rispetto dell’ambiente. Ricordiamo che questa nostra città, purtroppo ancora oggi frammentata, fu edificata nei suoi dettagli più pregevoli dalle visioni di fine Ottocento di Francesco Balli. Fondatore della Pro Locarno e sindaco dal 1896 al 1913, contribuì in modo decisivo a disegnare il volto moderno e seducente di Locarno e della regione circostante.

Gli obiettivi principali della veemenza distruttiva in città e nell’intero cantone furono le incantevoli ville ottocentesche. Quale esempio nel quartiere nuovo la villa "moresca", dello stile architettonico e ornamentale sviluppato in Europa dal XVIII secolo, ma soprattutto nel XIX secolo, a imitazione degli antichi mori di Spagna. Poi nel 1977 venne il momento di abbattere la Villa Leoncavallo di Brissago e più tardi, nello stesso comune, la storica demolizione del capolavoro di stile floreale e liberty: il Grand Hotel di Brissago dell’architetto Paolito Somazzi.

Nell’intero Cantone Ticino l’architettura dell’Ottocento fu eliminata dalle ruspe che, per precisione ed efficacia nell’annientamento di testimonianze preziose di una particolare epoca, non temono il confronto con i missili russi sull’Ucraina. Eppure, se consideriamo l’intera Europa, Dresda e la stessa Praga, meraviglie ottocentesche, rase al suolo dagli americani e dagli inglesi nella terribile guerra della prima metà del secolo scorso, furono accuratamente ricostruite seguendo nel dettaglio il modello e la struttura dell’edificio originale. Esemplare è stato il destino e l’esistenza stessa del Castello di Berlino. Danneggiato in maniera non irreparabile dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, venne abbattuto nel 1950 per ordine del governo della neonata Repubblica Democratica Tedesca. Dopo un lungo dibattito, è infine stata decisa la ricostruzione, iniziata nel 2013 e completata nel 2020.

Tornando a Muralto, a confermare l’assunzione dell’ideologia del massimo profitto senza compromessi da chi finanzia il progetto vi è l’aggiunta, al piano superiore del nuovo edificio sul fronte di via della Stazione, la costruzione di decine di nuovi appartamenti. Il panorama che si presenterà ai ricchi ospiti, nel lusso del retrostante Grande Albergo Locarno sarà, al posto dell’arioso spettacolo degli attuali portici, una sequela di dozzinali appartamenti, costruiti sul modello imposto simile all’allevamento di polli in batteria. È questa una dimostrazione di come l’assunzione dell’ideologia del profitto ad ogni costo avvilisce, invece di emancipare, la condizione futura della gente.