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Avs21 solidale: un ossimoro

La Riforma Avs21, in votazione il prossimo 25 settembre, prevede una maggior flessibilità dell’età di pensionamento (tra i 63 e i 70 anni per uomini e donne) e l’armonizzazione dell’età pensionabile delle donne con quella degli uomini (65 anni). Purtroppo, in questa manovra, di armonioso si trova poco o nulla. Le conseguenze dell’Avs21 verranno sofferte principalmente dalle donne con lavori precari e salari bassi, ovvero quella fascia della popolazione che, non potendosi permettere il prepensionamento, non fruirà della maggior flessibilità prevista dalla Riforma. Tale implementata flessibilità andrà a beneficio della parte più fortunata e benestante della società generando un rapporto inverso tra fasce di reddito: i precari (tendenzialmente donne) lavoreranno al di là dell’età pensionabile permettendo ai più facoltosi (tendenzialmente uomini) di abbassare l’età del loro pensionamento. Dal 1948, l’Avs si basa sul principio della solidarietà tra generazioni ma anche tra fasce di reddito permettendo ai meno abbienti di beneficiare di pensioni dignitose pur avendo versato modesti contributi in età lavorativa; tale ricerca di equilibrio tra ricchi e poveri verrebbe compromessa dalle misure pensate dalla Riforma. Compromesso sarebbe anche il potere d’acquisto di ciascuno di noi, essendo disegno della Riforma l’aumento dell’Iva in favore dell’Avs (0,4 pp). Diversi partiti e associazioni propongono un finanziamento delle pensioni basato sui profitti che la Banca nazionale svizzera ottiene dai tassi di interesse negativi. Il patrimonio nazionale della Bns andrebbe così a beneficio di tutte e tutti e rappresenterebbe un rafforzamento dell’Avs rispettoso del principio di solidarietà, principio sul quale l’assicurazione per la vecchiaia fonda la sua ragione di esistere.